Parla Camillo Nola, presidente di AssoLac, la più importante cooperativa del settore che raccoglie il 70% del latte prodotto nella regione: «Dobbiamo scegliere tra pagare le bollette o dar da mangiare al bestiame». L’appello: «Servono misure eccezionali come durante il lockdown da Covid bloccando mutui e pagamenti»
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Immaginate uno scenario nel quale, siccome costa troppo produrre qualcosa, si preferisce buttarla: lo abbiamo visto spesso a queste latitudini. Ricordiamo gli anni scorsi le clementine lasciate cadere per terra, perché raccoglierle costava più di quanto veniva pagato dal mercato, o ancora frutta e verdura lasciata marcire nei campi perché troppo oneroso raccoglierli. Cosa succede, però, se tutto questo accade a chi produce il latte? Se produrre un bene primario come il latte costa più di quanto questo viene pagato quali sono le conseguenze? Succede che i capi vengono abbattuti, perché altrimenti è impossibile mantenerli.
Una prospettiva durissima da accettare, ma estremamente reale: sta già accadendo in Calabria e in diverse parti d’Italia, a causa del caro prezzi e delle bollette schizzate alle stelle. A raccontarci quanto sta succedendo in uno dei comparti più importanti della zootecnia calabrese è Camillo Nola, presidente di AssoLaC Centrale del Latte Calabria, la più importante cooperativa del settore che raccoglie il 70% del latte calabrese.
«La situazione è molto seria e lo diciamo da mesi – esordisce Nola – ma adesso i nodi stanno arrivando al pettine, perché si sta scaricando tutto su imprese e cittadini. Il nostro settore è in difficoltà da più di un anno, sono più che raddoppiati i pezzi di mangimi, mais, soia, senza contare i fertilizzanti che sono schizzati alle stelle e il costo del gas. Basti pensare che due colossi del settore come Granarolo e Parmalat, che sono in concorrenza tra loro, hanno lanciato un appello comune per trovare soluzioni ed evitare altri rincari dei prezzi, perché saranno pochi i cittadini che potranno permettersi di acquistare latte oltre i due euro al litro».
La crisi energetica spinge i produttori a macellare gli animali da latte?
«Sì, il mercato reagisce come può: i produttori di latte, ad esempio, hanno iniziato a macellare gli animali. Il dilemma è che tra pagare le bollette o dare da mangiare agli animali, si sceglie ciò che avrà un impatto minore sulle aziende, in questo caso cioè di sopprimere le povere bestie. È una situazione davvero insostenibile e non si vedono soluzioni all’orizzonte: serve un intervento dall’alto, altrimenti i prezzi schizzeranno a livelli mai visti. Ha presente l’allarme dell’inflazione all’8%? A me viene da sorridere quasi, perché nel circuito della grande distribuzione i prezzi saliranno ancora di più. A breve saremo in grandissima difficoltà: i nostri costi per produrre si alzano ogni giorno di più ma la Gdo (Grande distribuzione organizzata, ndr) giustamente cerca di non toccare i listini. Però così noi continuiamo ad andare sotto costo e per quanto possiamo reggere?».
Qual è la vostra proposta per affrontare la situazione?
«Se ci fermiamo noi spariscono beni di prima necessità. Ecco perché abbiamo chiesto di fermare la riscossione delle rate dei mutui e dei pagamenti, così come successe durante il lockdown, perché non ci sono altre soluzioni al momento, il sistema altrimenti collassa. Non possiamo aspettare che arrivi una riforma del gas a calmierare i prezzi, servono interventi finanziari, anche perché così facendo a breve anche i cittadini troveranno sugli scaffali i pezzi cresciuti enormemente nel giro di pochi mesi. Si ipotizzavano 50 miliardi di euro in aiuti, sembrano tantissimi soldi ma sono poche centinaia di euro per i singoli cittadini, quindi reggere è impossibile a questi ritmi».
Quali sono le previsioni nell’immediato?
«Energia, mangimi, materie prime stanno aumentando di ora in ora quindi è difficile previsioni. Però al momento lavoriamo già sottocosto: il costo di produzione di un litro di latte si aggira intorno ai 64 centesimi, in Italia viene pagato 55. Capisce che è impossibile resistere e vivere così. Molti di noi hanno installato il fotovoltaico, per diversificare, ma si sono trovati in una situazione paradossale: l’energia che producono gli viene pagata 7 centesimi, quella che invece sono costretti ad acquistare e che è presente nelle bollette arriva a circa 70 centesimi di euro».
Che avete intenzione di fare?
«È arrivato il momento di dire basta, così non si può andare avanti: adesso il Governo deve intervenire e amministrare i prezzi, calmierarli se necessario. Anche perché il nostro è un settore difficile, in cui un’azienda non può fermare la produzione. Non è che ti fermi, chiudi e poi dopo una settimana riparti. Quando un’azienda che produce latte si ferma, chiude e non riapre più. Dobbiamo assolutamente evitare questo scenario. Ad aggravare il contesto in cui operiamo ci sono anche le norme europee che spingono sul rispetto di determinati vincoli per la sostenibilità ambientale. La conseguenza sarà una diminuzione non solo della produzione di latte, ma di tutti i prodotti agricoli coltivati in Italia e in Europa. Però, non è che ne mangeremo di meno, ma verremo invasi da prodotti provenienti da posti come il Nord Africa, in cui non ci sono tutele. Lì infatti la manodopera costa tre euro al giorno, si usano prodotti chimici vietati da noi, non ci sono controlli: dobbiamo evitare uno scenario di questo tipo e lavorare tutti insieme per uscire da questa crisi. Non è un problema calabrese o italiano, è un problema europeo».