Secondo l'associazione dei consumatori i calabresi hanno pagato con le loro bollette 190 milioni di euro in più a causa di aumenti illegittimi stabiliti da Regione e Sorical
Tutti gli articoli di Economia e lavoro
PHOTO
«Signor procuratore, ci restituisca la legalità nelle tariffe in Calabria - così inizia l’accorato appello formulato dal Codacons al procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri - e ci liberi dall’odiosa ‘tangente’ contenuta nelle bollette dell’acqua».
«I comuni calabresi impongono ai cittadini somme determinate in maniera illegittima - sostiene Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons - si tratta di una vera e propria truffa, perpetrata nel silenzio generale e con complicità diffuse, che ha portato i Calabresi a pagare tariffe maggiorate per 190 milioni di euro. Un somma spaventosa ma che, se non si interviene, negli anni sarà destinata ad aumentare».
Nel comunicato trasmesso dall’associazione dei consumatori si parla di una “grande truffa” perpetrata contro i cittadini della Regione.
Perché una truffa?
Secondo il Codacons «in Calabria la gestione degli acquedotti è stata affidata, a far tempo dall’1 novembre 2004, ad una società per azioni, la Sorical, partecipata dalla Regione (53,50%) e dalla multinazionale francese Veolia (46,50%)».
«Il legislatore - spiega il vicepresidente nazionale - prevedeva che per quelle gestioni nelle quali il servizio idrico non era integrato ma avveniva in maniera disgiunta (come, appunto, in Calabria) la competenza per determinare gli adeguamenti tariffari era del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ovvero dello Stato».
Stando a quanto affermano dal Codacons «in Calabria, invece, gli adeguamenti per gli anni 2004, 2005, 2006, 2007 e 2009 sono stati stabiliti con atti della Regione mentre nel 2009 e nel 2010 lo ha fatto direttamente SoRiCal».
«Ovviamente erano tutti consapevoli di aver disposto degli aumenti in maniera illegittima, - spiega Di Lieto - tant’è che la Regione Calabria decise di proporre un ricorso alla Corte Costituzionale, proprio per rivendicare la propria competenza per la determinazione delle tariffe idriche».
La sentenza della Consulta sugli adeguamenti
«Nel luglio del 2009 la Corte Costituzionale (con la sentenza nr. 246/2009), - continua la lettera al procuratore - bacchettando la Regione, ha ribadito la competenza esclusiva dello Stato negli adeguamenti delle tariffe idriche. Quindi la Regione non poteva e non può aumentare le tariffe. In altre parole la Consulta ha dichiarato illegittimi gli adeguamenti determinati ed applicati ai Comuni calabresi da SoRiCal».
«Eppure, signor Procuratore - continua Di Lieto - in Calabria non fu annullato nessun atto giudicato illegittimo e le tariffe non furono riportate nei binari della legalità sancita, come detto, da quella sentenza della Corte Costituzionale”.
«Non vorremmo pensare che le sentenze della Corte Costituzionale, così come Cristo, si fermano ad Eboli».
«Piccola curiosità. - si legge - L’assessore regionale ai lavori pubblici all’epoca del ricorso alla Consulta e della successiva sentenza era l’on. Luigi Incarnato, che oggi ricopre il ruolo di Commissario Liquidatore di SoRiCal».
La Corte dei Conti rivelò criticità nelle tariffe idriche
«Ma non è solo la Corte Costituzionale a sancire l’illegalità calabrese» affermano dal Codacons nella missiva al procuratore di Catanzaro.
«Infatti nel dicembre del 2011, - si legge - la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti rilevò diverse criticità nella determinazione delle tariffe idriche applicate ai Comuni, ribadendo la competenza del CIPE e la mancata applicazione della delibera nr. 117/2008 della stessa Autorità».
«Assolutamente inascoltato, poi, è stato il Comitato di Consulenza Giuridica della Giunta Regionale, - continuano dal Codacons - che nel ribadire l’assoluta incompetenza della Regione a modificare le tariffe idriche, addirittura ha sollecitato la Regione Calabria al ripristino della legalità tariffaria stabilendo che SoRiCal avrebbe dovuto operare i conguagli ai Comuni calabresi “tra le tariffe concretamente applicate e quelle scaturenti da una corretta applicazione delle linee guida contenute nella ripetutamente citata Delibera CIPE nr.117/2008”». In sostanza , secondo l’associazione dei consumatori «un appello a restituire i soldi!».
Adeguamenti illegittimi
«Gli adeguamenti applicati ai comuni - scrive il vicepresidente nazionale - negli anni successivi sono stati determinati incrementando tariffe che, come visto, erano illegittime; questo ha determinato una differenza tra l’importo fatturato ai Comuni e quello corrispondente alle tariffe legittime che, a tutto il 31 dicembre 2018, è valutabile complessivamente in 190 milioni di euro e che, negli anni, è destinato ad aumentare».
«Per questo motivo - conclude la nota del Codacons - confidiamo che il dott. Gratteri voglia immediatamente intervenire per ripristinare la legalità nella nostra regione e con essa la fiducia nelle pubbliche amministrazioni».