VIDEO | A Rombiolo, nel Vibonese, file per fare scorta anche se il prezzo sale: parlano cittadini e imprenditori di un comparto tra i più dipendenti dalle produzioni nel teatro del conflitto
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File anche davanti ai mulini, pure per la farina è ormai corsa a rifornirsi. «Lo faccio per la mia famiglia ma anche perché chi viene dall’ucraina avrà bisogno di sfamarsi», spiega un anziano che carica la sua scorta a Rombiolo. Nell’azienda che sorge nell’area industriale, l’imprenditore Saverio Corigliano racconta: «Diversi mulini hanno smesso di produrre perché non gli arriva il grano, per questo nelle attività aperte si formano file».
L’economia di guerra si fa sentire anche in Calabria, quindi, ma nella psicosi generale provocata dalla paura di rimanere senza generi di prima necessità, c’è chi si fa largo nella fila e spiega: «Io ho preso 50 kg di farina come sempre, perché noi facciamo il pane a casa indipendentemente dalla guerra».
La guerra tra i maggiori leader mondiali per la produzione di grano, Ucraina e Russia, preoccupa perché la dipendenza da questa materia prima è più difficilmente placabile nell’immediato. «Noi maciniamo il grano prodotto sul monte Poro – spiega Fortunata Petrolo, altra imprenditrice sempre di Rombiolo – ma non ci basta. L’ultimo grano dell’Ucraina ci è arrivato 2 giorni fa, dopo un blocco di 10 giorni». C’è una dipendenza fortissima dai prodotti che vengono dai paesi in guerra e i prezzi hanno subito anche in questo caso impennate considerevoli. «Prima della guerra – aggiunge Corigliano – 1 kg di farina all’ingrosso lo vendevamo a 0,40 centesimi, oggi non è possibile più stare dietro alle variazioni che cambiano di giorno in giorno non solo per via della guerra ma anche per le difficoltà che affrontano i trasportatori visto il caro carburante».
Piscosi di guerra, o sociologia della Calabria rurale che sia, fatto sta che anche l’assalto ai mulini è la spia dell’inarrestabile eruropeizzazione del conflitto e delle sofferenze economiche della regione. «Se ci fossero più produttori calabresi di grano – conclude Petrolo – noi non dovremmo importare metà del nostro fabbisogno aziendale dall’Ucraina. Ma le imprese locali non sono incentivate e noi paghiamo 55 euro più Iva al quintale il grano Ucraino, a fronte dei 25 euro che paghiamo il prodotto di monte Poro, mentre esiste pure un problema di qualità perché non sempre ci sono mulini che importano farina eccellente come quella che si ricava con il grano locale».