Sulle sponde di Calabria e Sicilia sorgeranno agglomerati «indipendenti dalle strutture socioeconomiche locali» dove vivranno i lavoratori impegnati nella realizzazione dell’opera, a cominciare dai due giganteschi piloni alti 400 metri
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Piccole città di container e aree intermodali, siti per la lavorazione degli inerti e maxi cantieri operativi. E ancora pontili, siti remoti e discariche (temporanee e definitive), senza dimenticare le migliaia di mezzi di cantiere in continuo movimento: in attesa dell’iter davanti ai tecnici del Ministero dell’ambiente e della sicurezza ecologica «il ponte più green della storia» come lo chiama un giorno si e l’altro pure il ministro leghista alle Infrastrutture Matteo Salvini, cala le sue carte (depositate al Mase la settimana scorsa). Carte che, se davvero i lavori dovessero partire, rischiano di modificare pesantemente, già dai primissimi tempi, uno degli angoli paesaggisticamente più suggestivi del Mediterraneo.
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L’invasione
Sarà il lato siciliano dello Stretto a pagare lo scotto più duro delle trasformazioni dettate dalla mega opera per il collegamento stabile al continente, ma anche alla Calabria toccherà caricarsi la sua parte di problemi. Quarantotto in totale i cantieri necessari alla realizzazione del ponte, 38 nel messinese, 10 nel territorio della provincia di Reggio: nelle migliaia di pagine di revisione al progetto definitivo (datato 2011) depositate al Ministero nelle settimane passate, la Stretto di Messina divide i cantieri «per la costruzione dell’opera di attraversamento e dei suoi collegamenti stradali e ferroviari» in sei maxi categorie: cantieri logistici, operativi, di lavorazione, di deposito, di ripascimento e di smaltimento rifiuti, che saranno realizzati in «un contesto fortemente antropizzato e con ingenti volumi da movimentare».
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La città operaia
«I cantieri logistici – si legge nella relazione presentata dalla società riesumata dal Governo Meloni dopo la messa in liquidazione firmata Mario Monti nel 2012 – costituiscono veri e propri villaggi, concepiti in modo tale da essere pressocché indipendenti dalla strutture socioeconomiche locali». Sul lato calabrese dello Stretto, la cittadella di container è prevista nell’area di Santa Trada, nello stesso punto dove si erano insediati gli operai Anas per la interminabile costruzione del maxi lotto sull’A3. Un universo operaio staccato dal contesto che lo circonda e calato dall’alto già fornito «di prefabbricati ad uso dormitorio, mense, uffici attrezzati per le attività direzionali del contraente generale o delle imprese affidatarie, degli organi direzionali e di controllo quali direzione lavori, alta sorveglianza, guardia di finanza e Dia».
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Il cuore dei lavori
Se sul lato siciliano dello Stretto sono tante le zone che saranno “interessate” in vista dell’apertura dei lavori (Ganzirri, Faro superiore, Curcuraci, Pace, Annunziata, Contesse, Villafranca, Saponara, Papardo, Europa), sul versante calabrese sarà invece Cannitello, nel comune di Villa San Giovanni, a sopportare i problemi maggiori in vista dell’apertura dei maxi cantieri. Qui, in questo angolo magico che la Sicilia sembra proprio di poterla toccare, sarà stabilito il fulcro dei lavori che interesseranno sia gli appalti per gli adeguamenti autostradali e ferroviari, sia quelli per la costruzione del gigantesco pilone (400 metri di altezza) che farà il paio con quello siciliano. «I cantieri operativi – scrive ancora la Stretto di Messina – sono aree attrezzate per fornire supporto alle attività produttive e comprendono strutture, impianti e aree di deposito di materiali. In funzione delle caratteristiche delle opere e degli spazi esistenti comprendono un’area con funzioni logistiche e tecniche».
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La carica degli inerti
Sono calcolati in quasi 2,5 milioni di metri cubi gli inerti che verranno trattati, sul versante calabrese, in previsione della costruzione della maxi opera. Inerti che, prima di venire interrati o reimpiegati per la costruzione del ponte, saranno lavorati all’interno di una struttura produttiva da edificare ex novo, «in località Serrito, ai margini dei piani di Arena di Campo Calabro, entro l’ambito di una cava esistente e in parte attiva». Una vera e propria fabbrica gigante di inerti su cui, scrivono ancora i tecnici di Stretto di Messina «vista la maggiore importanza del cantiere oggi in esame, è prevista una maggiore implementazione dell’area a suo tempo impegnata mediante espansione alle fasce limitrofe». Con tanti saluti al «ponte più green della storia».