Un futuro digitale, etico e sostenibile per le aziende dell’agroalimentare calabrese: sono i concetti alla base del “Polo Future Food Med” che si propone di proiettare uno dei settori trainanti dell’economia regionale verso l’innovazione e la competitività sui mercati mondiali. Un progetto che ha presentato, oggi a Vibo Valentia, i primi risultati ottenuti e i prodotti finiti nati da un processo di accompagnamento delle aziende sostenuto da risorse comunitarie. Un percorso ben avviato, dunque, nato a cavallo dell’emergenza pandemica, che vede il contributo attivo delle associazioni datoriali, Unindustria in testa, del mondo dell’università e delle istituzioni politiche, basato prioritariamente su sostenibilità, sicurezza alimentare, qualità nutrizionale, funzionale ed organolettica.

Come sostiene Rocco Colacchio, imprenditore leader nel settore dei prodotti da forno, presidente di Confindustria Vibo Valentia nonché presidente del Polo di innovazione Future Food Med. «Gran parte della ricchezza del futuro - ha detto - si gioca su nuovi cibi, servizi intelligenti, prodotti innovativi. Ossatura del Polo d'innovazione, sul quale poggia l'intera progettualità, sono le irrinunciabili condizioni volte a garantire la sostenibilità, la sicurezza dei cibi, la qualità, l'autenticazione per la lotta alla contraffazione e all’imitazione, ma anche per codificare e dare identità oggettiva ai prodotti e interazione innovativa con i consumatori». 

Sostegno alle attività di animazione, tutoraggio e accompagnamento alle imprese aggregate: questa la mission del Polo Future Food Med, per guidarle in un percorso che s’instrada nel solco dell’Agenda 20-30 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile e che, alla vigilia del vertice delle Nazioni unite sui sistemi agroalimentari sostenibili, trova la Calabria, per una volta, non del tutto impreparata.

«La Calabria ha voglia di innovare e crescere - spiega Mariateresa Russo, presidente del Comitato Tecnico-scientifico del Polo di Innovazione - e da Vibo Valentia, una delle province a più alta vocazione alimentare, che vede operanti imprese di primissimo piano nel panorama nazionale e internazionale che hanno fondato il loro successo sull'investimento in ricerca e sviluppo, vogliamo diffondere il messaggio, supportato dall’evidenza, che l'ossimoro tradizione e innovazione che ispira la loro filosofia imprenditoriale, è davvero vincente. L'obiettivo - chiude la prorettrice dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria - è dotare il sistema agroalimentare di strumenti all'avanguardia, resi disponibili a tutte le imprese che vogliono condividere il modello proposto, che vede nella tipologia di innovazione scelta il suo formidabile abilitatore».

Nell’incontro, tenutosi nella sede della Camera di commercio di Vibo, sita all’interno del complesso monumentale del Valentianum, e moderato dal giornalista di LaC Franco Laratta, ampio risalto alle direttive di Onu e Fao in materia di sostenibilità alimentare. «Le tematiche - sostiene Giovanni Enrico Agosteo, direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria - sono quelle poste dall’Agenda per lo sviluppo sostenibile, dal Green Deal, dalla strategia “Farm to fork”: tutta la filiera deve essere sostenibile, specie alla luce dei cambiamenti climatici e dell’emissione dei gas serra. Il tema oggi è quello di diminuire l’impatto ecologico delle produzioni alimentari, e, come suggerisce la Fao, trova espressione nel concetto di “agroecologia”: un approccio di tipo olistico e integrato che riguarda anche gli aspetti legati al recupero delle tradizioni e delle tecniche locali, dando la possibilità alle imprese e alle popolazioni di essere portatrici di un sapere importante per lo sviluppo del territorio».

Presenti in sala primari imprenditori dell’agroalimentare vibonese nelle cui aziende si è sviluppata parte dell’attività di ricerca e sviluppo e la sperimentazione di nuove produzioni. Su tutti Sebastiano Caffo, amministratore dell’omonimo gruppo del beverage, il presidente regionale della sezione alimentare di Confindustria Mimmo Monardo, il presidente del Settore alimentare di Confindustria Vibo, Vincenzo Vinci, l’artigiano della ‘nduja Luigi Caccamo, nonché il presidente del Gal Terre vibonesi Vitaliano Papillo. Un saluto all’uditorio, in chiusura dei lavori - perché precedentemente trattenuti da una seduta di Giunta - è arrivato anche dagli assessori regionali Rosario Varí, delegato allo Sviluppo economico, e Gianluca Gallo, titolare della delega all’Agricoltura. Il saluto del Comune di Vibo è stato formulato dall’assessore alle Attività produttive Carmen Corrado.

Hanno dato il loro contributo alla discussione il presidente Unindustria Calabria Aldo Ferrara e Alessandro Zanfino, presidente di Fincalabra Spa. Ferrara ha rimarcato come l’innovazione d’impresa sia «un’autentica battaglia portata avanti da Confindustria che accompagna nelle transizioni tutto il sistema industriale calabrese. Sostenibilità, digitalizzazione, internazionalizzazione, investimento sul capitale umano: oggi ne abbiamo una prova pratica. Noi - ha aggiunto - siamo stati al fianco dei Poli di innovazione, soprattutto di questo partito durante la fase pandemica, ma quando c’è determinazione ci sono risultati positivi e oggi si è potuto verificare come siano state spese bene delle risorse pubbliche, come ha funzionato il partenariato pubblico-privato con l’Università di Reggio Calabria e, finalmente, abbiamo, in un settore strategico e vocazionale come l’agroalimentare calabrese, delle attività che segnano un enorme passo avanti in termini di ricerca, innovazione, sinergie tra imprese che vanno a contaminarsi con informazioni, conoscenze e sperimentazione».  

Quindi Zanfino ha rimarcato il ruolo di FinCalabra: «Siamo al fianco dei poli di innovazione, destinatari di risorse pubbliche importanti, che sono riusciti a rimettere sul territorio quello che era stato programmato in termini di competenza e di accrescimento di valore delle aziende aggregate. Il futuro dei poli è molto interessante: alcuni di essi non hanno quasi più bisogno di finanza pubblica perché riescono, attraverso i prodotti che hanno introdotto nel precedente ciclo di programmazione, ad essere autosostenibili e questo è importante perché solo così si crea valore utilizzando finanziamenti comunitari» ha concluso.