Un tuffo nella tradizione, e per tre ragazzi calabresi si apre un mondo: un’impresa giovane recupera l’antica pitta ’mpigliata della Sila e in meno di un anno di attività riesce a promuoverla e venderla in tutta Italia. E le richieste arrivano anche dall’estero. Per la verità sono anni che diverse piccole e medie aziende sono nel campo della produzione di questo pregiatissimo dolce natalizio calabrese, che nelle diverse realtà della nostra regione assume nomi diversi e cambia anche qualcosa nel sapore e nei profumi. Marco, Rocco, Giovanni (e altri collaboratori esterni) hanno ideato il progetto, lo hanno portato avanti e sono quelli ogni giorno sul campo a lavorare e lottare con le loro mani.

Escono da studi universitari, hanno fatto esperienze in diversi campi, hanno uno spirito innovativo ma credono nelle potenzialità della nostra storia e della nostra cultura. Animo da montanari testardi, spirito di giovani moderni che non si rassegnano a dover lasciare la Calabria. Questi tre ragazzi di San Giovanni in Fiore, in piena crisi, sotto l’incubo della pandemia, con la paura di dover interrompere idee e progetti, sono riusciti nel loro intento. «Il nostro primo anno per la verità ci ha visti impegnati solo negli ultimi 4 mesi, da quando siamo usciti allo scoperto! Ma il nostro lavoro, i nostri piani, i nostri progetti hanno origine da molto più tempo».

La carta vincente dei ragazzi di “Dulcis in Fiore” si chiama “insieme”, progettare e lavorare con spirito di squadra e tanta abnegazione, affrontando i più disparati ostacoli che si incontrano sulla strada del fare impresa. Soprattutto in Calabria. «Abbiamo scommesso, osato, investito, sofferto, ma tutto sommato abbiamo vinto, perché ci abbiamo creduto e ci crederemo ancora!  Siamo solo all'inizio, ma Dulcis in Fiore andrà ancora molto lontano».

«Nel periodo che precedeva il Natale non c’era tempo per annoiarsi. Si cominciava già molto tempo prima con l’uccisione del maiale, ma poi agli inizi di dicembre ci si organizzava per fare le pitte ‘mpigliate, i turdilli e i fritti. E così s’incominciavano ad ammaccare le noci, a pulire e lavare le pàssule (uva passa), a mettere da parte lievito, noce moscata e cannella, in modo che al momento giusto, quando si riunivano le “comari”, tutto era poronto per mettersi a lvaoro».  [Fonte: Biblioteca Comunale San Giovanni in Fiore]

La pitta ‘mpigliata, in molte zone della Calabria, ad iniziare dai centri della Sila, era il dolce per eccellenza in una cucina povera, in una “dieta dei poveri”. La sua preparazione, infatti, richiedeva pochi elementi facilmente accessibili a tutti, perché disponibili in natura. Pensiamo alla farina, sempre presente nelle case per la preparazione del pane fatto a mano e cotto a legna; pensiamo alle noci, che i contadini reperivano nei loro campi o da piante selvatiche; pensiamo ai fichi secchi, che nei decenni sono stati poi rimpiazzati dall’uva passa.

Bastava avere questi semplici ingredienti, insieme a zucchero e qualche altra spezia, per preparare l’impasto e riempirlo poi col ripieno, ben amalgamato alcune ore prima. E da questi semplici prodotti della natura, richiamando l’antica ricetta del 1700, che i nostri tre ragazzi hanno iniziato a produrre. Tre ragazzi coraggiosi, con le idee chiare e determinati, rappresentano un segnale per questa nostra terra. Non tutto è perduto fino a quando ci saranno giovani che osano. Tanto e senza paura.