VIDEO | Lo scrittore e direttore responsabile LaCNews24, ospite del caffè letterario del Rhegium Julii, ha presentato nella città dello Stretto il suo saggio “Tu non sai quanto è ingiusto questo Paese. L’Italia è la nazione più iniqua e feroce d’Europa”.
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Il nostro è un paese diviso e spaccato, fin dalla sua nascita, un Paese che reca i segni di un persistente e lacerante divario tra Nord e Sud. Un’ingiustizia che è nella sua genesi e che oggi ha la possibilità, forse l’ultima, di un riscatto e di un cambiamento epocale di segno. L’Europa c’è, mentre l’Italia continua a sottrarre risorse al Sud.
Prosegue l’indagine approfondita sulle disuguaglianze e le iniquità territoriali diffuse in Italia, a cura del nostro direttore, lo scrittore Pino Aprile, ospite dei caffè letterari del circolo culturale Rhegium Julii, in occasione della presentazione del saggio “Tu non sai quanto è ingiusto questo Paese”, nella gremita arena all’aperto del circolo del tennis Rocco Polimeni di Reggio Calabria. Dopo i consueti saluti del presidente del Rhegium Julii, Pino Bova, il giornalista Santo Strati è stato coadiuvato nella conversazione da soci Enzo Filardo e Mario Musolino.
Un'Italia nata ingiusta
Già autore di “Terroni”, “Giù al Sud”, “Carnefici”, “Il male del Nord”, Pino Aprile spiega perché “L’Italia è la nazione più iniqua e feroce d’Europa” e fotografa con dati e documenti la situazione di un paese che, fin dalla sua unificazione, non ha conosciuto coesione ma una strumentale dualità. «L'Italia è stata costruita sulla disuguaglianza e sulla disparità di diritti, sullo squilibrio delle risorse per favorire lo sviluppo di una civiltà industriale, delineando un Paese duale in cui una parte è stata ridotta a colonia interna e un’altra che ha tratto tutti i vantaggi dall’unificazione delle economie preesistenti. Un fenomeno verificatosi ovunque nel mondo con la differenza tanti altri paesi, anche se con ritardo, hanno poi tracciato un percorso di riequilibrio. L’Italia non lo ha fatto e questo costituisce il suo vero male», ha spiegato Pino Aprile, sottolineando che tale storica e retrograda condizione del Sud esprime il suo potente radicamento anche nella dimensione linguistica e nell’uso tutt’altro che casuale del generico termine “meridionale”.
La sana Vergogna
Richiamando il pedagogo brasiliano Paulo Freire e il suo studio sulla Pedagogia della liberazione incentrata sulla scomposizione delle parole ponendo in luce il contenuto di violenza, attraverso il quale il vinto viene educato alla sottomissione e alla subalternità, Pino Aprile ha spiegato come il Sud sia indotto a popolare la storia dei vincitori senza avere diritto a scriverne una propria. «La parola “meridionale” incarna tutto questo. Ieri non eravamo meridionali, siamo stati aragonesi, svevi, normanni, greci, latini, slavi, arabi, ebrei, francesi, tedeschi, spagnoli. Noi pugliesi eravamo bruzi, irpini, sanniti, salentini, garganici, cilentani, siciliani, lucani: queste sono identità. Meridionale è una non identità. Con l’utilizzo di questo termine si spoglia un popolo della sua memoria, della coscienza di sé. Così quel popolo smette di essere comunità e di riconoscersi come tale e diventa indistinta massa umana. Ecco come si è diventati vinti, cioè coloro che, non avendone una propria e non essendo più posti nelle condizioni di scriverne una nuova, cercano un posto nella storia dei vincitori. I nostri figli sono bravi a Milano e a New York e sono disoccupati a Reggio Calabria. Questa condizione induce il vinto a cercare il suo posto, che è solo da gregario, nella storia dei vincitori. Tutto questo finisce in serate come questa, quando lo sai e non lo accetti più, quando la vergogna, sentimento nobile e strumento con cui la ciascuna comunità delimita i confini della propria convivenza, per quanto male si stia facendo al prossimo e per la portata disgregante dei propri comportamenti, inizia a prendere il sopravvento, quando la consapevolezza basta e non si fa soggiogare dalla convenienza. Forse, finalmente anche qui qualcuno sta iniziando a vergognarsi», ha sottolineato lo scrittore Pino Aprile.
Il Sud Italia in Europa
Dunque il Sud che resta indietro è frutto di una chiara decisione. Urge un’inversione di tendenza che, in questo frangente storico, è possibile perché, per ragioni altre, essa è strategica per l’Europa. «Il Sud dell’Italia è l’area europea con la più ampia possibilità di sviluppo, proprio perché deve recuperare un ritardo determinato dalle scelte razziste dei governi italiani. Questo ritardo può essere recuperato, anche in fretta, con le risorse del Recovery fund e questo può dare uno slancio enorme all’economia italiana e se cresce l’Italia cresce la Germania», ha sottolineato ancora Pino Aprile.
Parole chiare per capire e liberarsi
Dunque il rilancio del Sud è voluto a Bruxelles ma attenzione al governo italiano e alla reale destinazione delle risorse stanziate per questo obiettivo. Di fronte all’ennesimo tentativo di scippo operato in casa, la parola libera, limpida e responsabile si conferma fondamentale strumento di contrasto e di denuncia.
«La parola deve raccontare i fatti ed essere chiara. Se la formula europea per la distribuzione delle risorse del Recovery fund determina una destinazione al Sud dell’Italia del 70%, ossia 145 miliardi di euro non 82 che, per altro, nel piano nazionale di Ripresa e Resilienza del governo Draghi, sono diventati 22 miliardi, come accertato dal professore di Economia applicata dell’Università di Bari, Gianfranco Viesti, che li ha contati. Ci stanno prendendo in giro. Usiamo le parole con chiarezza: sono dei ladri. I derubati devono protestare e fare tutto quanto possibile per impedire questo furto», ha concluso lo scrittore Pino Aprile.