L’ex direttore del Sistema bibliotecario vibonese dà alle stampe il suo ultimo lavoro in cui immagina la definitiva liberazione da ogni tipo di condizionamento mafioso
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Storia e attualità della ‘ndrangheta nel Vibonese. Dalle origini ai giorni nostri, dalla struttura territoriale alle regole di affiliazione e ai ruoli degli associati. L’ultimo libro di Gilberto Floriani, già direttore del Sistema bibliotecario vibonese, edito per la collana di attualità Quaderni della casa editrice vibonese Adhoc, fornisce un approfondimento sul fenomeno che più di ogni altro condiziona la vita economica, sociale e politica del territorio calabrese, senza tralasciare le dimensioni di un’espansione ormai globale che ne fa l’organizzazione criminale più ricca e ramificata al mondo.
Ma nel libro di Floriani c’è però anche un barlume di speranza. “Un sogno per il futuro” lo definisce l’autore, che proietta il lettore nel 2085 quando il fenomeno ‘ndranghetistico, immagina, sarà relegato agli spazi museali di una memoria ormai lontana nel tempo.
«Per decenni la Calabria - si legge nella presentazione del volume - è stata una specie di Far west dov’era possibile quasi tutto in spregio alle leggi dello Stato e alla sua latitanza. In molti luoghi della regione si è nascosta per secoli, in modo quasi epidemico, l’origine di un grandissimo male che, malgrado il mutare dei tempi, manifestò via via la sua virulenza distruttiva. Era la ‘ndrangheta dei cosiddetti “uomini d’onore” che con la violenza, il sopruso e la legge del più forte, incominciava ad impadronirsi di tutto ciò che poteva. Fino a ramificarsi in tutti e cinque i continenti e a raggiungere un giro d’affari globale di 53 miliardi di euro con 400 cosche e 60mila affiliati attivi in trenta nazioni del mondo secondo le stime più recenti».
Un libro agile, quello di Floriani, che dopo un excursus storico e sociale incentrato sulle radici e sugli sviluppi del fenomeno, guida il lettore attraverso una disamina dei rituali di affiliazione, delle “doti” di ‘ndrangheta, della struttura stessa dell’organizzazione. L’analisi approfondisce, attraverso puntuali richiami alla letteratura e agli atti processuali, la collocazione delle ‘ndrine nel territorio vibonese e calabrese e le principali operazioni di polizia che hanno colpito duramente, anche se non debellato completamente, le organizzazioni malavitose.
E proprio la definitiva sconfitta del fenomeno ‘ndranghetistico l’autore si spinge ad immaginare nell’ultimo capitolo del suo libro, quando, con una sorta di racconto utopico, immagina una scolaresca vibonese che, nell’anno 2085, si inerpica alle pendici dell’Aspromonte per visitare il Museo regionale della ‘ndrangheta allestito nel paese di San Luca. Il giorno in cui è collocata la suggestione è, non a caso, il 25 aprile: non più e non solo festa della Liberazione dal nazifascismo ma giornata consacrata alla «liberazione da tutti i mali e le negatività che hanno segnato la storia italiana».
Un Paese, l’Italia, nella proiezione ideale di Floriani, ormai transitato in una nuova epoca di sviluppo e prosperità, integrato in un grande stato federale euromediterraneo che comprende Europa, Nord Africa e parte del Medio Oriente. In esso una Calabria “profondamente cambiata”, che già negli anni ‘30 dello stesso secolo aveva conosciuto una stagione di lotta serrata alla ‘ndrangheta fino al suo definitivo debellamento grazie ad una profonda opera di repressione del malaffare accompagnata da massicci investimenti statali nel settore educativo, sportivo e culturale.
Anche Vibo Valentia aveva beneficiato di questa sorta di rivoluzione copernicana, giovandone sul piano culturale, economico, urbanistico, sociale e, soprattutto, politico. «Dopo i politici cialtroni e ignoranti, i cittadini - immagina un ottimista Floriani - erano finalmente riusciti ad eleggere degli amministratori in grado di affrontare i problemi della città e della qualità della vita di chi la città la vive».
Un mondo ideale, insomma, fatto di convivenza civile e benessere diffuso, finalmente libero dal giogo mafioso, nel descrivere il quale l’autore tratteggia uno scenario «in cui tutti gli incubi del passato erano stati definitivamente rinchiusi in un museo».