Un lavoro di ricerca sul campo dello studioso teutonico che ha ripercorso i luoghi dell'Abate florense. A firmare la presentazione il presidente del Centro Internazionale Riccardo Succurro
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È uscita la guida escursionistica e di pellegrinaggio in tedesco "Joachimswege in Kalabrien" di Thomas Raiser, edita dalla casa editrice Pubblisfera Edizioni di San Giovanni in Fiore, che descrive sentieri e luoghi precisi, con una breve e vivace biografia di Gioacchino da Fiore aprendo lo sguardo occhi su incantevoli città, villaggi, abbazie, monasteri, boschi e sentieri lungo i quali si è sviluppata la complessa vita spirituale e culturale dell'Abate calabrese. Un lavoro di ricerca sul "campo" dello studioso tedesco con la presentazione del presidente del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti Riccardo Succurro.
«Nella prima metà del Novecento ebbe inizio il pellegrinaggio culturale sulle tracce di Gioacchino da Fiore: Herbert Grundmann, Ernesto Buonaiuti, Dmitrij Sergeevic Merezkovskij, Marjorie Reeves furono spinti ad immergersi nei luoghi gioachimiti per “vedere e respirare quella natura, quell’aria”, quei boschi secolari di pini, circondati da cime nevose, dove il silenzio profondo – scrive Merezkovskij in Gioacchino e Francesco - è turbato soltanto dal tubare mattutino dei colombi, dallo stridio meridiano delle aquile e dal mormorio lontano dei torrenti in una terra sita fra Europa, Asia e Africa, con vette nevose dalle quali si guardano due mari: l’occidentale latino e l’orientale greco».
Il lavoro di Thomas Raiser è la testimonianza di questo pellegrinaggio spirituale, una preziosa guida che colma una lacuna nella bibliografia gioachimita e mette a disposizione di un pubblico vasto il frutto di anni di viaggi e di scoperta di paesi, abbazie, monasteri, strade e sentieri lungo i quali si è dipanata la complessa esperienza religiosa e culturale di Gioacchino da Fiore. Raiser ha compiuto un duro lavoro di storico sulle fonti, sulle biografie e sui cartulari per ricostruire la vicenda umana del fondatore dell'ordine florense che ha ideato «il più grandioso disegno di teologia della storia del misticismo medievale».
«Siamo grati all'autore di questa guida perché indica - spiega Riccardo Succurro, presidente del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti - una possibile fonte di sviluppo economico e di valorizzazione di tante aree interne lontane dai consueti circuiti turistici stagionali e soggette ad un inesorabile spopolamento. L'auspicio è che le Istituzioni raccordino gli interventi, costituiscano una rete dei luoghi gioachimiti e che il "Cammino di Gioacchino da Fiore" diventi una risorsa per far uscire dall'isolamento luoghi scrigni di arte e di spiritualità. C’è un grande interesse nei confronti di questo originalissimo pensatore, un interesse che non è mai venuto meno nel tempo e la sua attualità è confermata dal fervore degli studi che lo riguardano, compresi quelli dei cardinali Henry De Lubac e Joseph Ratzinger».
Si deve a Lessing, Schiller e Schelling la presenza nella cultura contemporanea di Gioacchino da Fiore, il monaco-teologo che ha elaborato nel XII secolo un complesso ed originale pensiero profetico basato sulla esegesi concordistica della Bibbia e sulla teologia trinitaria della storia. Un messaggio, quello di Gioacchino, che non è rimasto isolato nel Medio Evo ma ha attraversato i secoli futuri penetrando nel cuore stesso dei processi formativi della civiltà europea.
Il pensiero dell'abate calabrese, subito dopo la sua morte, si è proiettato sulla inquieta vicenda del francescanesimo spirituale ed è giunto a Dante Alighieri. La Divina Commedia è ispirata dalla tensione profetica dell’Abate di Fiore, di cui Dante riprende e rilancia figure e simboli, connessi con le istanze di rinnovamento morale e spirituale della cristianità. Dante colloca Gioacchino da Fiore fra gli spiriti sapienti del Paradiso, appagati perennemente dalla visione della Trinità. Il verso “Beatus Joachim, spiritu dotatus prophetico”, cantato dai monaci nell'Antifona ai Vespri e conosciuto da Dante, riecheggia nel XII canto del Paradiso, nell’immortale terzina di presentazione dell’Abate di Fiore: "lucemi da lato il calavrese abate Gioavacchino di spirito profetico dotato".
Cristoforo Colombo si è appellato più volte, nei suoi scritti, all’autorità profetica dell’Abate calabrese ed anche Michelangelo Buonarroti, nella disposizione iconografica degli affreschi della Cappella Sistina, si è ispirato alle geometrie concordistiche dell’esegesi biblica e alle figurazioni simboliche trinitarie di Gioacchino da Fiore. La sua opera ha esercitato un fascinoso richiamo in ogni tempo, legata sempre alle attese escatologiche e messianiche specialmente fra il Cinquecento e il Settecento in Europa e nell'America Latina. L’attenzione verso Gioacchino da Fiore nella storiografia ottocentesca, destata dagli studi danteschi di Ugo Foscolo, ha trovato uno sviluppo nel pensiero di Giuseppe Mazzini. Nel Novecento la sua figura è presente nei romanzi di Georges Sand, di William Buttler Yeats, nell’Ulisse di James Yoice, ne Il nome della Rosa di Umberto Eco e nell'Avventura di un povero cristiano di Ignazio Silone.