«Ci sono dei momenti in cui non ci si può rassegnare all’andazzo delle cose, alla legge del più forte: bisogna trovare il coraggio di esporsi e denunciare» - con queste parole, consegnate ai ragazzi il giudice antimafia Antonino Di Matteo questa mattina ha spiegato ai tantissimi studenti delle scuole superiori del cosentino la sua decisione di rompere un silenzio che per tutta la durata della sua carriera di pm lo ha tenuto lontano dai microfoni e dai riflettori. Il giudice, ospite dell'Associazione dei giornalisti Maria Rosaria Sessa, ha sottolineato che il potere delle mafie potrebbe essere sconfitto soprtattutto grazie all'intervento delle giovani generazioni.

 

«Avete il compito di controllare il nostro lavoro di magistrati e di cambiare la politica - ha più volte ribadito Di Matteo - Non possiamo accettare di vivere in un paese dove ancora i metodi mafiosi sono così diffusi. Soprattutto, della politica cambiate quell’odioso delegamento della lotta alla corruzione e alla mafia esclusivamente a magistrati e forze dell’ordine». È un discorso appassionato e senza freni quello che fa in occasione dell'incontro-dibattito "Il potere segreto delle mafie".

«Il nostro rischia di diventare un Paese senza memoria, senza consapevolezza del presente, senza sogni di futuro - dice - è sempre più evidente la connessione tra sistema mafioso e sistema corruttivo, che costituisce il più grave fattore di compromissione della democrazia».

Mette in guardia, Di Matteo, soprattutto sulla sistematica violazione dei fondamentali principi della Carta costituzionale. «Da magistrato resto convinto che la lotta alla mafia e all’illegalità del Paese dovrebbe essere il primo obiettivo di ogni Governo, a prescindere dal suo orientamento politico, e finora in Italia non è stato così». Non risparmia critiche, infatti, a quella politica che spesso l’ha deluso e che ancora, a suo dire, non si è schierata nel modo giusto sul fronte della concreta lotta alla criminalità organizzata.