Il calo delle temperature, la pioggia e un forte vento appaiono correlati a un aumento dei casi positivi. L'ipotesi è di un gruppo di ricercatori dell'Università della Calabria
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Le condizioni meteorologiche e la densità abitativa dei centri urbani potrebbero influire sull’andamento dei contagi da Coronavirus: il calo delle temperature, la pioggia e un forte vento appaiono infatti correlati a un aumento dei casi positivi.
È l’ipotesi che un gruppo di ricercatori dell’Università della Calabria ha testato elaborando un proprio modello di analisi dell’impatto degli eventi atmosferici sui casi confermati di Covid-19. Il team è guidato da Patrizia Piro, ordinario di Costruzioni idrauliche nell'ateneo calabresse che ha sede a Rende (Cosenza) e comprende tra gli altri il dottorando Behrouz Pirouz.
I ricercatori hanno utilizzato un metodo di analisi statistica (MLR, Multivariate linear regression) per analizzare i trend per tre casi di studio in Italia, relativi a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, nel periodo compreso tra il 14 febbraio e il 14 marzo.
I parametri presi in considerazione sono stati la temperatura media giornaliera, l’umidità e la velocità del vento, in aggiunta a parametri urbani come la densità di popolazione.
L’analisi – suscettibile di ulteriori approfondimenti – ha mostrato che al 29 febbraio il numero di casi confermati nelle tre regioni non mostrava significative differenze, ma nei giorni successivi è aumentato in modo considerevole in Lombardia.
«Questo potrebbe essere dovuto – spiegano i ricercatori – alla maggiore densità abitativa della Lombardia, rispetto a Veneto ed Emilia Romagna, e al fatto che la temperatura media è stata più bassa in Lombardia rispetto alle altre due regioni nei giorni precedenti».
Allo stesso modo, il fatto che i numeri di casi confermati e gli aumenti si siano mantenuti costanti in Veneto ed Emilia fino al 2 marzo può essere ricondotto alle condizioni meteo simili di quel periodo. I ricercatori hanno anche rilevato che esiste un ritardo variabile tra i 4 e gli 8 giorni tra l’evento atmosferico studiato e la crescita di nuovi casi, determinato da due ragioni: il periodo di incubazione necessario (almeno 3-5 giorni) perché insorgano i sintomi tipici del contagio e il tempo richiesto per l’analisi dei tamponi.
Lo studio curato da ricercatori dell’Università della Calabria è stato pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health. In un articolo precedente, apparso su Sustainability il 20 marzo, i ricercatori avevano già applicato un modello simile di analisi alla provincia di Hubei, in Cina. Anche in quel caso dai risultati era emerso un calo del tasso epidemico del virus in rapporto all'alta temperatura.
«La pandemia in corso può creare molte barriere allo sviluppo economico, ambientale e sociale, che nei Paesi interessati potrebbe avere conseguenze negative sullo sviluppo sostenibile. L’obiettivo principale del nostro studio – dicono i ricercatori – è quello di valutare l’impatto dei fattori atmosferici sui casi confermati di Covid-19 e proporre un modello per migliorare le previsioni».