Ieri, mercoledì 2 ottobre, papa Francesco ha ricevuto in udienza sua eminenza il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Durante l’udienza, il sommo pontefice ha autorizzato la medesima Congregazione a promulgare il Decreto riguardante il miracolo attribuito all’intercessione di don Francesco Mottola, sacerdote di Tropea. A renderlo noto è il postulatore don Enzo Gabrieli.

 

Don Francesco Mottola servo degli ultimi

Definito perla del clero calabrese, don Francesco, si mise a servizio di quelli che in gergo dialettale definiva i “nuju du mundu”, gli scartati, i respinti e rifiutati della società, come li chiama oggi papa Francesco. Uomo di contemplazione e di grande spiritualità, il prete tropeano seppe coniugare le due dimensioni della preghiera e della carità, divenendo un certosino della strada. Un carisma che ha trasmesso a sacerdoti, consacrate dell’Istituto delle Oblate del sacro Cuore e a tanti laici. In occasione del cinquantesimo della sua morte avvenuta nel 1969 nella sua Tropea per don Mottola è ormai vicino l’onore degli altari. Il Servo di Dio Francesco Mottola, fondatore dell’Istituto Secolare degli Oblati del Sacro Cuore, nacque a Tropea (Catanzaro) il 3 gennaio 1901, primogenito di tre figli di Antonio Mottola e Concettina Braghò, coniugi di profonda religiosità cristiana. Due giorni dopo la nascita, il bambino fu condotto al battesimo in parrocchia e gli fu dato il nome di Francesco Gaetano Umberto. Dai genitori, specialmente dalla madre, ricevette una solida formazione umana e spirituale. Nell’ottobre del 1911, entrò nel Seminario vescovile di Tropea. A dodici anni rimase orfano di madre che si tolse la vita. L’11 novembre 1914 ricevette il sacramento della cresima. Nel 1917 passò al Seminario Regionale «Pio X» di Catanzaro e il 5 aprile 1924 fu ordinato sacerdote.

 

Il cammino nella fede

Dopo l’ordinazione insegnò, fino al 1942, materie letterarie nel Seminario di Tropea. Dal 1929 al 1942 svolse l’incarico di rettore dello stesso seminario e dal 1931 al 1969 di penitenziere della Chiesa Cattedrale. Inoltre, ricoprì l’ufficio di segretario della giunta diocesana di Azione Cattolica e di assistente del circolo della gioventù maschile “Francesco Acri”. Fondò, insieme ad altri, il Circolo Culturale Calabrese e diresse la rivista Parva favilla. Dal 1935 cominciò ad organizzare in piccoli gruppi, sacerdoti e laici, secondo un’ideale di azione caritatevole e preghiera contemplativa, come “certosini della strada”. Fondò varie “Case della Carità”, per l’accoglienza e l’assistenza dei poveri, dei disabili e dei più abbandonati a Tropea, Vibo Valentia, Parghelia, Roma. Per la loro cura fondò, insieme con la Serva di Dio Irma Scrugli la “Famiglia degli Oblati e delle Oblate del Sacro Cuore di Gesù”.

La paralisi e la lunga malattia

Nel 1942 il Servo di Dio rimase colpito da una forma grave di paralisi che gli impediva l’uso della parola e del lato destro del corpo. Per 27 anni, fino alla morte, rimase relegato nella sua stanza, impossibilitato a muoversi. Si spense a Tropea, il 29 giugno 1969. I funerali si svolsero il 1° luglio alla presenza imponente delle autorità ecclesiastiche, civili e del popolo che venne per rendere l’ultimo omaggio a questo sacerdote santo e pieno di meriti. La sua salma fu tumulata nel cimitero di Tropea. Oggi riposa nella Cattedrale di Tropea.

La Messa era al centro della sua giornata; scrive nel suo diario: “La santa Messa sarà al centro della mia attività sacerdotale. In preparazione ad essa mi serviranno tutte le azioni dal momento del pranzo in poi… come ringraziamento tutte le preghiera liturgiche e le azioni fino al pranzo.” Il silenzio, l’umiltà, la preghiera, il dono, sono i pilastri della spiritualità oblata che don Mottola richiama continuamente, così scrive: “… nel fondo dell’anima sia continuo il silenzio e così arderà senza oscillazione la fiamma”. E il suo misticismo si accentuò con il dolore quotidiano e con l’impossibilità di comunicare agevolmente e nelle sue opere profuse il carisma del contemplativo e dell’uomo di azione, stimolando nello stesso spirito i suoi figli Oblati, diceva: “La Casa della Carità l’ho sognata grande almeno quanto la nostra terra, accogliente tutto il dolore, non per eliminarlo, perché sarebbe un sacrilegio, ma per divinizzarlo e divinizzato adorarlo”.

 

Venerabile dal 2007

Don Francesco si è offerto come vittima, come lampada che arde di fronte a Dio sia nel suo impegno a favore degli ultimi che ben descrive nel suo testo sulla Via Crucis fra i tuguri della Calabria, sia nel corso della lunga malattia che lo ha visto ogni giorno offrirsi sulla sua cattedra di dolore e di amore. Il processo diocesano sulle virtù è stato introdotto il 15 ottobre 1981, è stato dichiarato “Venerabile” da Papa Benedetto XVI in data 17 dicembre 2007. Alla sua intercessione è stato attribuito un miracolo avvenuto nel 2010 la cui Inchiesta diocesana è stata celebrata nella diocesi di Mileto dall’8 agosto 2012 al 5 aprile 2013. Successivamente l’Inchiesta è passata alla sua fase romana presso la Congregazione delle Cause dei Santi dove il miracolo è stato vagliato dalla Commissione Medica, da una commissione teologica e da una commissione di Cardinali e Vescovi che hanno espresso parere favorevole. A questi voti è seguita l’autorizzazione del Santo Padre Francesco.