93 anni, ricordi lucidi e vividi, un passato in divisa, da soldato prima e da prigioniero poi, e tanta ironia nel cuore. Giovanni Famularo, classe 1923, ne ha passate tante.

 Arruolato nell’esercito italiano,  si è ritrovato ad appena 21 anni di età nel cuore della seconda guerra mondiale per poi finire, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, a diventare un Mit, militare internato italiano. Così venivano chiamati coloro che dopo l’armistizio vennero catturati dai tedeschi e rifiutatisi di entrare nel loro esercito vennero messi ai lavori forzati nei campi di concentramento. 

 

Una storia comune a molti italiani ma di cui rimangono in vita poche e rare testimonianze. Un racconto vivido quello che Giovanni Famularo ha regalato ai bimbi delle quarte classi della scuola primaria San Teodoro di Lamezia Terme in occasione del fitto programma di eventi per la settimana della giornata della memoria.

 

Un racconto puntuale, senza sbavature, snocciolato senza mai togliersi cappotto e cappello e rigirando tra le mani nodose il bastone a cui ormai è costretto ad appoggiarsi. Non sono mancate le citazioni in tedesco, come quelle delle minacce che gli venivano rivolte quando si distraeva dal lavoro, e la descrizione della fame.

 

Due anni di privazioni e fatica nelle ferrovie tedesche, alloggiando in un campo di concentramento. Fino a quello strano silenzio il giorno in cui gli venne poi detto che la guerra era finita e lui, ancora giovanissimo, corse ad annunciarlo agli altri attirando la loro attenzione con un “guagliù” che bene esprimeva quella sensazione di complicità che dovevano avere maturato come compagni di trincea prima e come prigionieri poi.

 

Infine, il ritorno a casa, dalla Germania a quello che allora era ancora Nicastro, per poi intraprendere un altro viaggio, quello che lo ha portato ad essere oggi “nonno Giovanni”.