Si è spento stamattina Stellario Baccellieri, artista di immenso talento che da Reggio Calabria è diventato il pittore del caffè Greco e dei migliori luoghi d’arte italiani
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Quante volte ne abbiamo parlando ridendo. Il tuo atteggiamento finto cinico è stato ciò che mi ha colpito subito di te, insieme alla tua grande arte e al tuo cuore immenso. Era lo scudo che ti eri costruito per proteggerti delle nefandezze del mondo, che non era come avresti voluto fosse. Era la distanza che mettevi tra te (e il dolore che portavi dentro in silenzio, come un signore di altri tempi) e le persone che non sapevano vivere d’amore, che confondevano sostanza e apparenza, rappresentazione ed essenza.
Ridevi della morte per ridere dell’umana incapacità di comprendere la vacuità delle cose, dell’affanno di dimostrare, dimenticandosi di essere. Vedrai, vedrai, mi dicevi, quante persone mi piangeranno. Anche quelle che oggi non mi salutano, anche quelle che io evito, perché mi fanno ribrezzo. Odiavi ogni tipo di rappresentazione, ma soprattutto quella del finto dolore, del falso cordoglio. Era il tuo cruccio, quasi più dei tatuaggi che odiavi, perché li vedevi come una forma di disprezzo nei confronti del proprio corpo. Bisogna essere orgogliosi di ciò che si ha, ma soprattutto di ciò che si è, sembravi voler sottolineare con la tua intemperanza.
Tu eri, sei e sarai. Tanto, tantissimo. Come tanto, troppo, è il vuoto che hai aperto stamattina, intraprendendo quella via delle stelle che portavi in te con il tuo nome. Chissà se stai già dipingendo scorci di paradiso mentre chiacchieri con i tanti amici che se ne sono andati prima di te.
Tu per me sei luce ed immagini. Quelle incredibili con cui tiravi fuori le emozioni di ogni luogo, quelle che da qualche ora mi stanno passando davanti come diapositive. Partendo da Scilla. La tua Scilla, la nostra Scilla. Il tuo lettino fronte mare, il Borsalino sulle ventitré mentre in costume da bagno e camicia di lino aperta dipingevi la rocca, o un sasso, o uno dei tantissimi ritratti di persone di cui fissavi l’anima con il pennello. Il mare, quei bagni che non finivano più, in cui stavamo in acqua per ore raccontandoci il mondo.
Sei i fuochi d’artificio. Sei il dolore per Massimo, la vicinanza a Ciccio. I pranzi a bruschette e pescespada. Le cene sulla nostra terrazza a Chianalea, con gli amici più cari. Le passeggiate, le mostre, i tramonti. I tramonti. E poi sei Roma. Sei le risate, sei i racconti. Sei il caffè Greco, con tutti i ricordi della bella vita di cui tu eri cuore pulsante. Il tuo tavolino con i colori e, vicino, quello con il prosecco. Il Babingtons, negli ultimi anni. E anche quello che è stato il mio ufficio in via Condotti, dove venivi quasi ogni giorno, anche solo per un saluto. Quello che mi hai aiutata ad arredare quando lo abbiamo inaugurato, facendomi scegliere a casa tua, lì dietro, due quadri per arricchire la parete spoglia. Quello dove ti sei raccontato al mio vis-à-vis, che è stato troppo breve per rappresentarti in tutte le tue anime, ma che è comunque riuscito a dare un piccolo antipasto della grande ricchezza che eri.
Sei il ristorante Al 34, con pareti che continueranno a parlare di te attraverso i tuoi dipinti, con l’amore che lasciavi ed i racconti struggenti che si facevano insieme. Sei i quadri che abbiamo comprato e tenuto, quelli che abbiamo regalato, il ritratto che Ale ed io ti abbiamo commissionato per un regalo speciale, che rimarrà per sempre a parlare di te e di noi. Sei le passeggiate senza meta nel tridente, il lockdown rubato tra la Barcaccia e la fontana dei Leoni a piazza del Popolo. Le feste. Le cerimonie e le occasioni di gala, ultimo l’incontro con il presidente Mattarella. Sei Reggio, le granite con brioche, il gelato da Tito, le passeggiate sul Lungomare e sul corso, la galleria Toma, i pranzi e le cene.
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Sei i mille altri luoghi in cui non sei stato con me, ma che mi hai raccontato con una tale ricchezza di particolari da farmi pensare di esserci stata anche io. Sei ogni colore sulle tele, sui legni e sui cartoncini. Sei ogni segno con cui raccontavi il mondo. Sei la forza della processione della Madonna, delle onde della Costa Viola, degli interni dei bar d’arte sparsi in Italia e in Europa, la purezza delle bagnarote, il caffè con cui mi hai fatto un ritratto mentre aspettavamo il tempo per un altro bagno.
E poi sei voce. Quella con cui mi rimproveravi della mia assenza quando non eravamo nella stessa città, quella con cui mi raccontavi aneddoti di vita o, nell’anno passato, mi chiedevi notizie di mio fratello. Quella che mi manca da un po’, perché non era più la stessa. Quella che ho ritrovato in piccoli frammenti nei tuoi fratelli Nino e Placido, che ti hanno amato sempre, amato e accompagnato in questi ultimi mesi. Te ne sei andato quando pensavamo che l’avessi scampata. Te ne sei andato dopo aver visto il buio, che avevi quasi annientato con la luce immensa che avevi dentro.
Te lo sentivi. Me lo hai detto pochi giorni fa, in un modo ben diverso rispetto a quello cui mi avevi abituata. Era perentoria, quella tua certezza. Era cresciuta piano piano da due mesi e mezzo: dalla morte di un altro grande, che proprio tu mi hai fatto conoscere, Gianni Battistoni. Non eri a Roma, eri ricoverato a Reggio Calabria, e da allora qualcosa ti si è rotto dentro. Come se il mondo che hai creato, vissuto, dipinto, raccontato se ne fosse andato insieme a lui, ultimo baluardo di quella bella vita, di quella Roma di cui sei stato un protagonista assoluto.
Qui in Liguria, altro luogo di cui abbiamo parlato tantissimo, c’era un sole primaverile stamattina. Quando è arrivata la notizia sono arrivati di colpo il grigio e il freddo, insopportabili come la voragine aperta dalla tua scomparsa. Ti ho tradito, Stellario. Non ho riso come ci eravamo promessi più volte. Non ho brindato a te e a ciò che non è più. Ho mandato qualche messaggio, ho cercato i tuoi scatti più recenti, ho ripercorso piccoli attimi della tanta vita goduta insieme. Ci eravamo fatti tante promesse. Non siamo riusciti a mantenerle tutte. Ma di una cosa, Stellario caro, puoi essere certo: sarà impossibile dimenticarti, così come sarà impossibile ringraziarti per tutto ciò che hai fatto. Ci hai voluto un gran bene, ce lo hai dimostrato continuamente. E noi non potremo che continuare a volertene.