Una folla oceanica assorta in religioso silenzio, la luce flebili dei lumini sulle finestre a illuminare il buio, un malinconico suono di tromba che intorno alle 22 annuncia l'inizio, innanzi alle tre croci di ferro che sovrastano il paese. Anche questa notte a Verbicaro si è rinnovata la tradizione centenaria del rito dei battenti, un evento che unisce il sacro e il profano, tra religiosità e spettacolo, e fa rivivere in un'atmosfera surreale la Passione di Cristo, la lunga agonia che ha proceduto la sua crocifissione.

L'ultima cena

Il rito vero e proprio ha inizio con l'apertura del "catujo" nel centro storico, una cantina con una tavola imbandita di prelibatezze in cui si banchetta per simulare l'ultima cena di Gesù con gli apostoli. Solo pochi amici possono partecipare al pasto conviviale e successivamente si lasciano affluire i curiosi e gli studiosi dell'evento, talvolta accorsi da lontano.

La flagellazione

Nella notte del Giovedì Santo le strade e i muri del centro tirrenico ai piedi del Pollino si tingono di sangue e nell'aria si diffonde un odore acre e pungente. Prima di incamminarsi tra la folla, i battenti si schiaffeggiano le gambe per favorire la circolazione sanguigna, poi si feriscono con dei pezzi di vetri intagliati nei tappi di sughero, detti “cardiddhi”, e continuano a schiaffeggiarsi perché il sangue scenda regolare e copioso. Rigorosamente vestiti di rossi ma scalzi, introno alla mezzanotte cominciano un lungo cammino che li vede compiere tre volte il giro delle vie principali del paese, mentre di tanto in tanto amici e parenti gettano del vino sulle ferite per disinfettarle. Il volto dei flagellanti diviene ben presto pallido e sofferente e il loro passaggio, inevitabilmente, lascia dietro di sé una scia rossa intrisa di dolore e devozione. Procedono con passo svelto nonostante la stanchezza, effettuano delle piccole soste solo quando, giunti sul sagrato delle chiese, si chinano per segnarle col sangue. Poi, stremati, mettono fine alle sofferenze immergendosi nella fontana vecchia, una volta lavatoio pubblico, da cui fuoriesce acqua gelida.  Dopodiché battenti e fedeli si ritrovano ancora nella cantina per condividere i resti della cena avanzata ore prima, principalmente per rifocillarsi e riprendere le forze che quasi vengono a mancare, tanta è la fatica.

L'adorazione e la recita

Poco più tardi, rimessi gli abiti ordinari, i flagellati si recano sull’altare della chiesa di San Giuseppe, dove restano in ginocchio, raccolti in preghiera, per tutta la durata della funzione. Nella parrocchia vengono adagiate numerose ceste in vimini contenenti del grano offerto dai contadini, in segno di devozione al Cristo morto o all’Addolorata. Ogni cesta è ornata con panni neri in segno di lutto, ma anche con nastrini, merletti, fiori che richiamano invece alla Resurrezione. Ognuna di loro è contraddistinta da un’immaginetta di Cristo o della Vergine.

In strada si radunano invece numerosi attori e comparse che, in una lunga recita, accompagnano Gesù fino al momento della crocifissione. Il ruolo del protagonista è assegnato in quelle stesse ore mediante il sorteggio del parroco, che estrae dei bigliettini assegnati precedentemente agli aspiranti messia.

Un rito suggestivo tra fede e folkrore

riti di flagellazione rimandano ai riti sacrificali e penitenziali arcaici, che sono strettamente collegati a pratiche devozionali per la mortificazione della carne e il temperamento dello spirito. Ragion per cui, i motivi che spingono a “battersi” sono principalmente due: il voto, per ricevere la grazia o perché la si è ricevuta, e il legame ad una forte e singolare tradizione che la comunità verbicarese vuole conservare e tramandare per la sua comunità. Pertanto, il numero dei battenti varia di anno in anno.

Data la singolare ritualità, negli anni addietro ha rischiato di estinguersi più volte, ma col passare del tempo ha ottenuto un riscontro di pubblico tale da convincere gli organizzatori ad inscenare puntualmente la Passione di Cristo, tanto che ad oggi è considerato uno degli eventi più importanti della Calabria.