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Nicholas aveva lasciato l’America portando con sé sette soldatini. Fatale coincidenza, a ricevere gli organi del bimbo partito per una vacanza con la famiglia e ucciso per mano assassina lungo la Salerno- Reggio Calabria nei pressi dello svincolo per le Serre, sette persone. È il ricordo – dolcissimo – impresso nella mente e nel cuore di Maria Pia Pedalà. Lei siciliana, oggi 42 enne, si racconta a Vanity Fair in una lunga intervista a firma di Monica Coviello. Come tanti, sostiene la battaglia di Marco Galbiati per conoscere chi ha ricevuto gli organi del figlio15enne deceduto per infarto.
Donazione e anonimato
La rete nazionale dei trapianti ad oggi fornisce molte informazioni: quali organi e tessuti sono stati trapiantati, quante persone hanno ricevuto e le condizioni di salute. Ma nell’anonimato. Una forma di tutela che a volte cozza contro il desiderio delle famiglie o del ricevente di incontrarsi semplicemente per ringraziare. La testimonianza di Maria Pia è dunque prova preziosa di quel piccolo miracolo generatosi da quella terribile tragedia. Dimostrazione degli effetti positivi sull’elaborazione del lutto e ripresa morale e psicologica dei singoli.
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La storia di Maria Pia Pedalà
In quel lontano settembre 1994 si trovava al Policlinico universitario di Messina. La diagnosi non lasciava dubbie interpretazioni: epatite fulminante. Lì venne portato anche il piccolo Nicholas Green poiché a Vibo Valentia, dove era stato in un primo momento soccorso, mancava la rianimazione. L’incontro tra la famiglia e la donna, avverrà 4 mesi dopo. Ogni frase della donna è intrisa di ringraziamento: «Il trapianto mi ha restituito la vita, mi ha permesso di provare gioie che non avrei mai avuto, come quella di diventare mamma di due figli. Uno di loro – conclude - si chiama Nicholas».
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La sua storia scosse il mondo, ventritrè anni fa la tragedia di Nicholas Green