La vendita dei viaggi ma non solo: il racconto delle violenze della Guardia Costiera tunisina, il dramma dei video delle barche alla deriva nel Mediterraneo, il lungo elenco dei dispersi e le richieste di informazioni dei familiari che non riescono più a mettersi in contatto con chi tra loro ha provato la traversata alla ricerca di una vita migliore. È un vero e proprio film del dolore, quello di chi in questi giorni ha avuto la sfortuna di imbattersi nei gruppi social e nelle timeline di chi affronta le traversate dalla Tunisia verso le coste italiane. Innanzitutto, la difficoltà per tutti i migranti di attraversare i deserti, i paesi più disparati per arrivare sulle coste: la Libia ma soprattutto la Tunisia, vero cuore delle migrazioni di questi mesi. Arrivati in Tunisia, però, il viaggio è solo all’inizio.

Bisogna sfuggire alle violenze in atto contro i migranti provenienti dagli altri paesi dell’Africa, in particolar modo quelli del centro africa, e poi trovare un viaggio: ma molto spesso è qui che iniziano i primi problemi.

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I viaggi, i naufragi e le richieste di aiuto sui gruppi social

Le partenze in questi giorni sono tante, tantissime: in molti hanno anche avvisato sulle condizioni di arrivo, specialmente nelle acque siciliane davanti Lampedusa. In particolar modo al largo delle coste siciliane i venti sono frequenti e per le piccole e stracariche barche che partono dalla Libia e dalla Tunisia la traversata è lunga e pesante. C’è chi mette in guardia dai rischi, chi continua a postare foto e video dalle traversate e chi, invece, chiede aiuto. 

Soprattutto, dopo qualche giorno, la speranza lascia spazio alla disperazione: il viaggio richiede qualche giorno, ma spesso non si hanno notizie di chi arriva. E qui inizia il vero dolore: sono fratelli, sorelle, amici che chiedono notizie e informazioni sui loro cari. Lo schema è sempre lo stesso: una foto e una richiesta di aiuto. «Lui è mio fratello, è partito da giovedì e non abbiamo sue notizie: se avete notizie o lo avete avvistato fateci sapere» o ancora «Da giovedì quando si è imbarcata non ho notizie di mia sorella, partita da Sfax. Vi prego, se qualcuno sa qualcosa ci faccia sapere».

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Sono messaggi che straziano il cuore, che lasciano davvero senza fiato e che vengono accompagnati da preghiere, messaggi di incoraggiamento e, purtroppo, qualche volta anche da notizie di naufragi. «Convoglio di 38 persone, 5 salvati, al largo di Sfax. Preghiamo per le loro anime». Così come sono in molti a non sopravvivere ai viaggi, sia per raggiungere la Tunisia sia durante la traversata: sono allora i loro compagni di viaggio a postare le foto di chi non ce l’ha fatta, dei loro documenti, per cercare di avvisare i loro cari a centinaia di chilometri di distanza. 

I video delle violenze della Guardia Costiera Tunisina e i volontari delle Ong

Tra le tante testimonianze postate sui social, c’è chi cerca di avvisare sui pericoli dei sabotaggi e delle violenze da parte della Guardia Costiera tunisina: i video si moltiplicano in rete e siamo in grado di mostrarvi alcune immagine che lasciano davvero sconvolti per la violenza in mezzo al mare. I migranti non solo denunciano i mancati soccorsi, all’ordine del giorno, ma sempre più spesso i racconti riguardano i furti dei motori alle barche, lasciate così alla deriva, oppure veri e propri assalti alle barche per impedirgli di continuare il loro viaggio. 

A raccogliere le loro segnalazioni, rilanciate poi sui social da amici e conoscenti che provano a denunciare la situazione, le tante Ong che si occupano di diritti civili e di migrazioni nel Mediterraneo. Tra queste c’è sicuramente AlarmPhone, che si occupa di raccogliere le segnalazioni provenienti dalle barche nell’area del Mediterraneo e interfacciarsi con le operazioni di soccorso a livello nazionale e internazionale. Ogni giorno, infatti, le barche alla deriva in tutto il Mediterraneo contattano proprio l’ong ed i suoi volontari, che girano le posizioni precise alla Guardia Costiera italiana, maltese o addirittura alle autorità libiche. 

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