Per mettere le mani sul gigantesco giro di false fatture nel Bresciano, il gruppo guidato dai fratelli Cambareri era pronto a mettere da parte la diplomazia e ricorrere a vecchi metodi spicci. Gli ex soci da scalzare avevano parentele calabresi “importanti” ma nessuna che avvicinasse la caratura criminale di Domenico Cambareri, considerato dagli inquirenti il reggente del locale di San Roberto. È suo fratello Giovanni Natalino ad assumersi il compito di chiarire come stanno le cose con uno dei collaboratori asiatici preposto alla gestione di una parte del denaro da riciclare. L’incontro con Hung Giang Vu riportato negli atti avviene nel ristorante Reverso Tower, attività che Cambareri&Co avrebbero preso in affitto proprio con una parte dei proventi della mega frode fiscale. Vu confessa di non riuscire a guardare negli occhi il proprio interlocutore per paura e Cambareri gli spiega che d’ora in poi il business ha un nuovo padrone. Vuole parlarne e ottenere una risposta rassicurante. Pretende che l’ex socio si faccia da parte e lasci campo libero alla sua squadra. Davanti alla reticenza spaventata di Vu non esita a minacciare con una frase a effetto: «Se non è possibile parlare, Gianni, vuol dire che oggi Vietnam e Calabria sono entrati in guerra».

Nel mirino dei Cambareri finisce anche Giuseppe Zeli, che si dice preoccupato per le pressioni minacciose dei due fratelli originari di Scilla. Anche Zeli gestiva l’affare prima della scalata ostile dei calabresi. In una conversazione con Vu riferisce delle sue paure per i figli e per sé stesso: in fondo i nuovi “nemici” sanno dove abita e, a suo dire, vanno in giro armati. Meglio arretrare che scontrarsi con chi non ha niente da perdere.

La ’ndrangheta cerca nuovi soci per l’affare delle fatture false

I Cambareri, intanto, continuano a tessere la propria tela e cercano nuove società cartiere per emettere fatture per operazioni inesistenti. Sempre al Reverso Tower, ristorante della movida bresciana che il gruppo pare aver eletto a proprio ufficio, si presenta Massimo Cutrì che, assieme al fratello Giovani finirà per fornire – secondo gli inquirenti – a Giovanni Natalino Cambareri tre società italiane tutte intestate a prestanome e una società di diritto bulgaro. C’è da cambiare la squadra e viene reclutato anche un nuovo referente nella comunità cinese dopo la minacciata guerra tra Calabria e Vietnam: è Liguan Hu, accusato dalla Dda lombarda di associazione mafiosa. Non è il solo ma l’unico che viene individuato con certezza dagli investigatori. Ci sono altri asiatici che avrebbero esaudito le richieste di denaro del gruppo. Gli altri cinesi distributori di denaro contante restano, per ora, nell’ombra.

‘Ndrangheta a Brescia, spunta l’ombra del clan Piromalli

Emerge, invece, dall’inchiesta, un’altra figura di calabrese residente a Brescia che gli inquirenti individuano mentre i Cambareri cercano nuovi partner commerciali. Uno di questi uomini sarebbe originario di Gioia Tauro e contiguo alla cosca Piromalli-Bellocco. ’Ndrangheta di serie A: si tratta di un 44enne che sarebbe stato già coinvolto in passato in frodi fiscali e legato a un imprenditore della zona. Sarebbe proprio questo imprenditore uno dei primi a usufruire del nuovo corso nelle false fatturazioni: a lui (e all’altro indagato vicino ai clan di Gioia Tauro) sarebbero stati girati i contanti per le fatture fittizie delle “cartiere” bulgare.

È uno degli esempi di come alcuni imprenditori si siano alleati con la ’ndrangheta. Un legame profondo che pesca a piene mani dal contesto economico della ricca provincia di Brescia. È Giovanni Natalino Cambareri a dare l’idea di quanto il giro di fatture false possa essere redditizio: per lui a Brescia si possono tirare fuori fino a 10 milioni di euro al mese. E la cifra spiega perché per mettere le mani sul business i due fratelli di Scilla fossero pronti a fare la guerra.