Il figlio Pino, racconta la collaboratrice di giustizia Loredana Patania, si avvicinò a sua madre Pina: «Mamma, è fatta. È stata fatta», le disse. E donna Pina replicò inginocchiandosi: «Quindi chi ha ucciso papà è morto?». Il figlio assentì. E la donna ringraziò la Madonna.

Fortunato Patania

Moglie di Nato Patania, il patriarca del clan di Stefanaconi, alle porte di Vibo Valentia, Giuseppina Iacopetta fu vedova inconsolabile ed istigatrice di una vendetta feroce. Il marito le fu ammazzato il 18 settembre del 2011. Un delitto ordito, per vendetta, dal clan dei Piscopisani, dopo l’assassinio, due giorni prima, di Michele Mario Fiorillo. «Grazie a Dio, che hai esaudito le mie preghiere», disse rivolta alla Madonna, donna Pina che parlava ogni giorno col marito defunto, tenendone in mano la foto: «Nato mio, giustizia è fatta», ripeteva.

«Nato che stai facendo?», chiedeva al defunto consorte, ogni giorno. Inconsolabile, la vedova, che armò i suoi cinque figli, guidandoli verso una faida e, poi, verso una pioggia di ergastoli. Aveva stilato una sorta di lista della morte: c’erano tutti quelli che, in un modo o nell’altro, riteneva c’entrassero con la morte del suo adorato Nato. L’ultimo a morire doveva essere un suo compaesano. «Il sangue – disse, secondo il racconto della nipote ai magistrati – doveva scorrere fino alla porta di casa mia».

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In realtà quell’obiettivo, Franco Meddis, non aveva nulla a che fare con l’omicidio del boss Fortunato Patania, ma Giuseppina Iacopetta lo riteneva un uomo dei Bartolotta di Stefanaconi, clan rivale legato ai più potenti Bonavota di Sant’Onofrio. Quell’omicidio, quel sangue che doveva scorrere fin sull’uscio della sua casa, doveva essere un monito. A Stefanaconi, vivo o morto il patriarca, dovevano comandare i Patania. Vedova inconsolabile, ma anche donna boss. Per rivedere la puntata, clicca qui.