«Io sono sempre stato uno freddo». Così parla di sé Giuseppe Cristofaro, 45 anni di Girifalco, annoverato tra le "nuove leve" emerse sulla scena criminale dopo la decapitazione dei vecchi vertici ad opera delle operazioni giudiziarie.

L'inchiesta Scolacium

«Hanno dimostrato piena, costante ed attiva adesione al sodalizio del quale sono certamente intranei» scrive il gip di Catanzaro nelle carte dell'inchiesta istruita dalla Dda e messa a segno dal nucleo investigativo dei carabinieri che ha portato oggi all'arresto di 22 persone, parte dei due clan di 'ndrangheta: i Bruno e i Caterisano, "specializzati" in danneggiamenti e incendi a scopo estorsivo.

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La passione per le armi

Ma qualcuno fin da piccolo con la passione delle armi. È il caso, appunto, di Giuseppe Cristofaro presunto affiliato al clan Caterisano che in una conversazione, intercettata dai militari, «confessa di avere una certa dimestichezza con le armi sin dall'adolescenza». «Devi sapere che io fino a 17 anni e mezzo camminavo con la pistola addosso» racconta all'interlocutore.

Con la pistola dietro la schiena

«Ero malato. Dopo i 17 anni, lo sai perché me la sono tolta?» spiega ancora. «Perché mi hanno perquisito. Ma c'è qualcosa nel giubbino» specifica ripercorrendo gli attimi della perquisizione. «Hanno aperto il giubbino e la pistola ce l'avevo dietro la schiena però io sono sempre stato uno freddo. Mi è sempre andata bene». Non a caso, durante le perquisizioni che hanno portato agli arresti di oggi, i miliari del comando provinciale hanno trovato uno dei indagati in possesso di una Beretta con matricola abrasa, caricatore inserito e colpo in canna.

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Droga e armi

Non solo estorsioni. In una altra conversazione intercettata tra Sandro Ielapi e Pietro Abbruzzo alla presenza di Massimo Citraro, presunti reggenti del clan Catarisano, i tre parlano di armi e droga. È febbraio del 2019 e Ielapi rivolto ad Abbruzzo fa riferimento ad «un altro coso che abbiamo qua»  e il secondo di rimando chiarisce: «Ora li ho nascosti, ora ce l'ho nascosto il fucile». Secondo il gip, «trattasi evidentemente di un fucile nella disponibilità degli accoliti in virtù del ruolo che rivestono in seno alla consorteria che detenevano e occultavano nella chiara consapevolezza dell'ausilio prestato alla consorteria».

Una pistola in regalo

È sempre Massimo Citraro a dimostrare la disponibilità di armi. In una intercettazione risalente ad un anno prima addirittura promette di regalarne una al figlio: «Ti ho detto che te la prendo però non devi parlare più. Se parli al bar non te la prendo la pistola» intima il genitore al figlio il quale insiste per averla: «A me piace, non vedo l'ora di averla. Io vorrei averla domani mattina». «E lo so» lo rimprovera il padre, «però davanti alle persone al bar non devi parlare, le persone parlano poi».