Qualche anno fa aveva rischiato grosso per una perizia medica. Falsa e redatta solo per far uscire un detenuto a detta dei pm che lo hanno spedito ai domiciliari per 15 giorni, forse no per i giudici che poi lo hanno assolto. Sulla base di quella sentenza aveva anche chiesto un maxirisarcimento danni da un milione di euro. Ma adesso i guai per il professore Alfonso Sestito, blasonato chirurgo del Policlino Gemelli di Roma, con studi e ambulatori in Emilia Romagna e in Calabria, sono decisamente più seri.

Arrestato come professionista al soldo dei Grande Aracri non solo è finito in carcere su richiesta della Dda di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, ma le accuse hanno anche superato indenni lo scoglio del Tdl. E sono pesanti.

Medico di fiducia del clan e di Nicolino Grande Aracri a cui «ha direttamente redatto o procurato certificati medici» per soggiornare nella Capitale o strappare scarcerazioni e permessi, Sestito era tanto vicino ai cutresi da mettere persino a disposizione le stanze della clinica per riunioni e incontri con il boss, avvertendo lui e i suoi dell’eventuale presenza di cimici. Ma per i magistrati della Dda, il dottore non solo ha più volte ha sporcato il camice mettendolo a disposizione del clan.

Il dottore era «un amico a cui ci si poteva rivolgere per qualsiasi cosa avessimo bisogno» spiega ai magistrati Giuseppe Giglio, un tempo braccio economico dei Grande Aracri in Emilia Romagna, oggi collaboratore di giustizia. «Da sempre vicino alla mia famiglia» mette a verbale un altro pentito, Salvatore Muto. E nella partita della speculazione immobiliare, la carta che nessuno immaginava che i Grande Aracri avessero in mano.

«Non soltanto ha un ruolo strategico di spicco nella consorteria – scrive il giudice – ma agisce e si comporta come un mafioso, capace di mediare quando occorre e di intimidire laddove può». è con questi metodi che Sestito ha permesso al clan di fare shopping di terreni, hotel e strutture, ma affari – commentava intercettato il boss – «che sembrano cose pulite». Insomma, sulla carta, tutte ineccepibili.  In realtà, totalmente funzionali agli interessi del potente casato di ‘ndrangheta.

Un obiettivo – emerge dalle carte dell’inchiesta Thomas – raggiunto grazie a due società, la Camelia e la Domus Re Consulting, che si occupavano di acquisire e gestire complessi immobiliari. Ad amministrarle, due coppie, il professore Sestito e consorte e l’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello del boss Nicolino e professionista di famiglia per il clan, con la moglie, più qualche parente sufficientemente lontano da non destare sospetti.

Il metodo di accaparrarsi terreni, strutture e affari sempre lo stesso. L’avvocato di famiglia, Domenico Grande Aracri, indicava il business su cui puntare o le aste giudiziarie a cui partecipare, mentre Sestito non solo ci metteva la faccia, ma si occupava anche di cercare finanziatori. «La Camelia – annota il gip – diventa anche strumento di riciclaggio» della liquidità assicurata dalle cosche cutresi. Un ingranaggio fondamentale per la sopravvivenza del clan.

Per questo – evidenziano gli investigatori -  anche quando Nicolino e gli altri boss, uno dopo l’altro finiscono in carcere, il dottore «continua a godere del rispetto» che deriva «dalla sua posizione nel clan». Perché lui è l’esecutore «del programma criminale tracciato da Grande Aracri». Ed è questa oggi l’accusa che deve affrontare.