Un anno di cronaca giudiziaria nei due distretti calabresi di Catanzaro e Reggio Calabria ci racconta e conferma che le cosche di ‘ndrangheta hanno sempre avuto il potere e la velleità di farsi affiancare da professionisti e politici. Che siano medici, imprenditori collusi, funzionari pubblici, anche appartenenti alle forze dell’ordine, la ‘ndrangheta se ne serve e, grazie al potere di intimidazione emanato dalle cosche, anche i colletti bianchi non disdegnano di affiancarsi alle consorterie in cambio di voti, denaro e quell’aura di intoccabilità e di facile risoluzione dei problemi che permea l’ambiente mafioso. Non manca, nelle inchieste, la ‘ndrangheta 2.0, quella dotata di hacker, pirati informatici capaci di ripulire le ingenti somme di denaro sporco della criminalità ma anche di effettuare vere e proprie rapine digitali.

Fu dalla viva voce del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri che apprendemmo la propensione della ‘ndrangheta a circondarsi di «cristiani buoni». Allo stesso tempo, nelle indagini, si scoprono mariti-padrone che, in maniera ancestrale, impediscono alla moglie di vivere, la segregano in casa e la minacciano di morte.

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Rinascita Scott: 205 condanne nel maxi processo

L’attività giudiziaria si è rivelata, anche nel 2023, molto intensa nei due distretti di Catanzaro e Reggio Calabria.
Dopo due anni e 10 mesi di udienze si è concluso il processo più imponente contro la ‘ndrangheta mai celebrato in Calabria. Il maxi Rinascita Scott è stato istruito dalla Dda di Catanzaro contro la pervasiva e potente ‘ndrangheta della provincia di Vibo Valentia al vertice della quale si pone la famiglia Mancuso di Limbadi. Un processo importante in termini di numeri (338 imputati nel solo troncone ordinario) ma anche in termini di accuse contestate e imputati coinvolti.
L’accusa ha retto in questo primo grado di giudizio che vede 205 condanne con pene dai 30 anni ai 10 mesi di reclusione per oltre 2100 anni di carcere. Una condanna a 11 anni di reclusione è stata comminata nei confronti dell’avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Assolto l’ex sindaco di Pizzo Gianluca Callipo per il quale erano stati invocati 18 anni di carcere.

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Un anno di Rinascita

Nel 2023 il procedimento ha visto andare a sentenza sia il troncone degli omicidi che il secondo grado dell’abbreviato. Lo scorso 28 marzo sono stati condannati all’ergastolo il boss di San Gregorio D’Ippona Saverio Razionale, il boss di Zungri Antonio Giuseppe Accorinti e il boss di Vibo Domenico Bonavota. Due le condanne a 30 anni di reclusione: Pantaleone Garisto e Valerio Navarra e 14 anni al collaboratore di giustizia Andrea Mantella. Assolti, come richiesto anche dall’accusa, Paolino Lo Bianco e Filippo Catania. Assolto anche Vincenzo Barba nei confronti del quale era stato invocato l’ergastolo.
Il processo d’appello scaturito dal rito abbreviato, a fine ottobre, ha visto la conferma di tutte le condanne per associazione mafiosa comminate dal gup nel 2021. Su 74 imputati, al netto di cinque assoluzioni e 12 condanne lievemente riformate, la sentenza d’appello è stata pienamente confermata.

Imponimento: i clan tra Vibo Valentia e Lamezia

L’aula bunker di Lamezia Terme, che con i suoi 103 metri di lunghezza è la più grande d’Europa, quest’anno è stata in piena attività e non solo per il maxi Rinascita Scott. Si sta celebrando qui, infatti, il processo Imponimento contro le cosche Anello-Fruci di Filadelfia, capaci di lambire con i propri addentellati un territorio che spazia dal Vibonese fino alla città di Lamezia Terme.

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Le cosche confederate di Cosenza

Sempre nella bunker, quest’anno, ha preso piede il processo Reset che a luglio ha visto concludersi l’udienza preliminare nei confronti di 245 persone, in gran parte accusate di appartenere alle sette ‘ndrine dominanti tra la città di Cosenza e i territori di Montalto, Rende e la Valle dell’Esaro. Secondo la Dda di Catanzaro, infatti, le cosche nel 2014 si sarebbero confederate sotto la guida del boss Francesco Patitucci. In questo procedimento ha scelto il giudizio immediato l’ex sindaco di Rende Marcello Manna, accusato di voto di scambio e corruzione.

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Maestrale-Olimpo-Imperium: un nuovo maxi processo

Sono 284 gli imputati implicati in un nuovo maxi procedimento che riunisce tre diverse inchieste contro le cosche vibonesi. Si tratta di Maestrale-Olimpo-Imperium. In questi giorni si sta celebrando nell’aula bunker di Lamezia Terme l’udienza preliminare. Implicati sono boss e gregari delle cosche vibonesi e, come sempre più spesso accade, anche diversi professionisti accusati di avere favorito le ‘ndrine. Tra questi compaiono l’ex presidente della Provincia di Vibo ed ex sindaco di Briatico, Andrea Niglia, Pasquale Anastasi, ex direttore generale del dipartimento Turismo della Regione Calabria, i fratelli imprenditori Emanuele e Francescantonio Stillitani, l’ex dirigente dell’Azienda sanitaria di Vibo Valentia Cesare Pasqua, Francesco Tiburzio Massara, medico dirigente dell’Asp di Vibo Valentia.

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Rinascita 3-Assocompari e i soldi riciclati in mezza Europa

Sempre sul fronte vibonese, l’anno si chiude con il rinvio a giudizio di 17 persone nell’ambito del processo Rinascita 3-Assocompari. Uno spotlight della Dda di Catanzaro sulla cosca Bonavota di Sant’Onofrio che avrebbe riciclato ingenti capitali in Italia settentrionale (Piemonte, Liguria e Lombardia) ed all'estero, in particolare in Ungheria, Inghilterra ed in Russia. Il processo avrà inizio il prossimo 13 marzo. Quattro gli abbreviati.

Gli hacker al servizio dei Papaniciari: Glicine-Acheronte

Anche sul versante settentrionale della Calabria non sono mancati gli interventi della Dda di Catanzaro.
Prendiamo l’inchiesta Glicine-Acheronte – una vera summa della ‘ndrangheta del terso millennio – che coinvolge le ‘ndrine del Crotonese, in particolare la cosca Megna di Papanice. L’indagine mostra l’evoluzione tecnologica della ‘ndrangheta che si serve di hacker per riciclare denaro. Truffe finanziarie hi-tec, pirateria informatica e… gli immancabili colletti bianchi: direttori di banca compiacenti (con commissioni del 40%) e imprenditori collusi per far sparire milioni di euro. Vere e proprie rapine digitali su conti dormienti. Gli uomini del clan Megna si compiacciono dei propri collaboratori: «… questi sono dei cervelloni», alcuni dei quali stranieri. 

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L’indagine mostra come taluni senza scrupoli possano lavorare per la mafia come per una qualsiasi holding milionaria. Ma l’inchiesta Glicine-Acheronte è assai complessa: coinvolge l’ex governatore calabrese Gerardo Mario Oliverio, l’ex assessore Nicola Adamo e l’ex consigliere regionale Enzo Sculco, l’ex capo di gabinetto di Oliverio Giancarlo Devona, Mimmo Pallaria (ex sindaco di Curinga, attualmente consigliere comunale e direttore generale del dipartimento Forestazione della Regione) e Orsola Reillo, ex direttore generale del dipartimento Ambiente e territorio della Regione Calabria. Sotto indagine anche Alfonso Dattolo, sindaco di Rocca di Neto, l’ex consigliera regionale Flora Sculco Raffaele Vrenna, ex presidente del Crotone calcio. Si parla di un «diffuso sistema clientelare» per la gestione di appalti pubblici, ed in particolare di quelli banditi dalla Regione Calabria, ma non solo; lo smaltimento dei rifiuti e una serie di nomine ed incarichi politici.

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Ultimo Atto e Stige: le nuove leve cirotane

Punta alle cosche di Cirò Marina l’inchiesta Ultimo Atto. Le nuove leve cirotane erano già emerse, agli occhi degli investigatori, nel corso dell’inchiesta Stige contro la consorteria Farao-Marincola considerata capace di inserirsi in ogni incavo dell’economia del territorio. Rispetto al primo grado la sentenza d’appello di Stige ha ribaltato la sentenza del Tribunale di Crotone. Secondo i giudici di secondo grado non regge il patto mafioso con politici e imprenditori. Sono stati assolti dall'accusa di associazione mafiosa, perché il fatto non sussiste, gli ex sindaci di Cirò Marina e di Strongoli, Nicodemo Parrilla e Michele Laurenzano, già condannati rispettivamente, 13 anni ed otto anni di reclusione. Assolti gli ex consiglieri comunali di Crucoli Gabriele Cerchiara e Tommaso Arena, condannati entrambi in primo grado, con l'accusa di intestazione fittizia di beni, a 4 anni di reclusione. Assolto anche uno dei capi storici del locale, Silvio Farao. Una sentenza questa, che dopo lo scioglimento per infiltrazione mafiosa dei Comuni di Cirò Marina, Strongoli e Crucoli, attende ora il match decisivo in Cassazione.

Garbino: nei guai un ex consigliere regionale

Si sposta su Isola Capo Rizzuto l’inchiesta antimafia Garbino dove vengono contemplati i presunti illeciti della cosca Pullano, riconducibile al locale comandato dagli Arena. Coinvolto anche l’avvocato ed ex consigliere regionale Ottavio Tesoriere accusato di scambio elettorale politico-mafioso.

Jonica: le mani della ’ndrangheta sul turismo

La sentenza di primo grado del processo Jonica, infine, ha visto la condanna di tutti gli imputati: 12 pene tra i 10 anni e un anno e nove mesi di reclusione per appartenenti e sodali della cosca di San Leonardo di Cutro accusati di vessare le imprese turistiche della zona. Sono accusati, a vario titolo, di estorsione, usura, ricettazione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori. Tutti reati aggravati dal metodo mafioso. La pena più pesante, 10 anni, al boss Alfonso Mannolo.

La cosca degli zingari di Catanzaro

Si era scoperto ormai da tempo che il capoluogo di regione non era un’isola felice. Qui comandano le cosche crotonesi degli Arena e dei Grande Aracri e la manovalanza, per molto tempo, è stata rappresentata da gruppi della numerosa comunità rom. Lo scorso 26 ottobre la Dda di Catanzaro ha notificato la chiusura indagini a 82 persone indagate quali appartenenti alla cosca dei nomadi di Catanzaro. Per la prima volta sono stati monitorati riti di affiliazione per il clan rom denominato Bevilacqua-Passalacqua, guidato da Luciano Bevilacqua, detto ‘puzzafogna’ dotato del grado di santista.

Karpanthos e i legami con la poltiica

Al centro dell’indagine Karpanthos troviamo le cosche della Presila catanzarese, in particolare i Carpino di Petronà e il gruppo dei Cervesi. Il 22 settembre 2023 sono stati tratti in arresto 52 soggetti, tra i quali alcuni già condannati con la cosca Coco Trovato e alcuni contigui alla cosca Bubbo. Gli inquirenti contestano lo scambio elettorale politico-mafioso viene contestato a Fabrizio Rizzuti, Raffaele Scalzi e Raffaele Borelli che si erano candidati alle elezioni comunali del 2017 con la lista civica “Progetto Futuro” guidata dal futuro sindaco Fabrizio Rizzuti.

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Basso Profilo: intrecci illeciti tra le cosche crotonesi e le imprese

Trentacinque condanne e 12 assoluzioni. È questo il bilancio della sentenza emessa dal Tribunale ordinario di Catanzaro nell'ambito del processo Basso Profilo, un procedimento – incardinato dalla Dda di Catanzaro – incentrato sugli intrecci illeciti tra le cosche crotonesi e il mondo dell’imprenditoria. Figura centrale, condannata a 30 anni di reclusione, quella dell’imprenditore Antonio Gallo che avrebbe fatto da riferimento operativo delle organizzazioni ‘ndranghetistiche insistenti nell’area geografica di Sellia Marina, Catanzaro, Botricello, Mesoraca, Roccabernarda, Cutro e Ciro Marina. Assolti l’ex consigliere comunale di Catanzaro Tommaso Brutto e il figlio ed ex consigliere di Simeri Crichi Saverio Brutto (padre e figlio sono accusati di associazione per delinquere semplice aggravata dal metodo mafioso, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio; corruzione, scambio elettorale politico mafioso). In appello è stata di molto mitigata la pena per l’ex assessore regionale Francesco Talarico, da cinque anni in abbreviato a un anno e quattro mesi, per il collegio composto dai giudici Maria Rosaria Di Girolamo, Assunta Maiore e Paola Ciriaco, ha riqualificato il reato da scambio elettorale politico mafioso in violazione del testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati che punisce da uno a quattro anni chi promette denaro, valori, o qualsiasi altra utilità in cambio di voto elettorale. Duro il giudizio dei giudici che hanno parlato di «grave svilimento della funzione politica».

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La ‘Ndrangheta e le stragi continentali: la conferma in Appello

Condannati anche in appello all’ergastolo il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuto espressione della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Il processo è ‘Ndrangheta Stragista, istruito dalla Dda di Reggio Calabria, e contempla l’omicidio di Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, i due carabinieri assassinati il 18 gennaio 1994 sull’autostrada all’altezza dello svincolo di Scilla, in provincia di Reggio Calabria. L’agguato ai carabinieri rientra nelle cosiddette “stragi continentali”, una strategia stragista che ha insanguinato l’Italia e che è stata messa in atto da Cosa nostra e ‘Ndrangheta nella prima metà degli anni ’90.

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Gotha: un sistema che governava Reggio Calabria

Quest’anno sono state depositate le motivazioni della sentenza Gotha nato dalla riunione delle inchieste “Mamma Santissima”, “Reghion”, “Fata Morgana”, “Alchimia” e “Sistema Reggio”. Il processo, uno dei più importanti celebrati a Reggio Calabria dai tempi di “Olimpia”, si era concluso due anni fa in aula bunker con 15 condanne e 15 assoluzioni. Nella sentenza ci sono le motivazioni per le quali l’ex parlamentare del Psdi Paolo Romeo era stato condannato a 25 anni di reclusione. Tredici anni erano stati comminati all’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra. Erano stati assolti, invece, l’ex senatore di Forza Italia Antonio Caridi e l’ex presidente della Provincia di Reggio Calabria Giuseppe Raffa.
Svelando un «sistema di potere ambiguo», che, stando ai collaboratori di giustizia sentiti in aula, è stato caratterizzato da «promiscuità tra ‘ndrangheta e ambienti Istituzionali».

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Da Limbadi a Cinquefrondi: la ‘ndrangheta che odia le donne

Non manca il tema del patriarcato e delle vessazioni sulle donne tra le pieghe di una inchiesta della Dda di Reggio Calabria sulla famiglia Arena che, nella zona di Rosarno e Cinquefrondi, in provincia di Reggio Calabria, avrebbe imposto il proprio volere tramite una generale condizione di assoggettamento ambientale. Si è scoperto che Rosario Arena e il padre Domenico vessavano la moglie del primo anche con minacce e ripetendo che l’avrebbero uccisa e seppellita. La ruspa, ripetevano, è già pronta. Una storia che ricorda – con un finale diverso, per fortuna – quella di Maria Chindamo, imprenditrice fatta sparire da Limbadi perché voleva essere libera. Il 2023 ci ha consegnato una atroce ricostruzione della sua scomparsa emersa dall’inchiesta “Maestrale Carthago”: sarebbe stata uccisa e data in pasto ai maiali. Sarà anche ipertecnologica e proiettata verso il mondo, la ‘ndrangheta 2.0. Ma odia le donne e la loro libertà