Per entrambi il loro legale ha chiesto la revoca delle misure cautelari. L'uomo in particolare è accusato di essere il gestore e il manipolatore del sistema
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Sono iniziati con Raffaele e Sara Calidonna gli interrogatori di garanzia nell’ambito dell’inchiesta “Asta la Vista-Nomos” che sabato scorso ha tolto il coperchio ad un presunto vaso di Pandora nell’ambito delle aste giudiziarie di Lamezia Terme.
Entrambi, difesi dall’avvocato Massimiliano Serrao, si sono avvalsi di fronte al Gip della facoltà di non rispondere. Serrao ha chiesto la revoca della misura cautelare in carcere per Raffaele Calidonna e di quella dei domiciliari per Sara Calidonna.
Secondo la Procura, Raffaele Calidonna, sarebbe stato a capo di un’associazione finalizzata ad intervenire e manipolare l’esito delle aste.
In particolare «attraverso la strumentale interposizione dell’Agenzia di Affari e Servizi di Calidonna Sara», sua figlia. Un’agenzia creata ad hoc come strumento di mediazione. Inoltre, si legge nelle carte dell’inchiesta, Calidonna avrebbe «esercitato nei confronti dell’utenza del Tribunale un’indubbia forza intimidatrice, alternando alle minacce ed alle collusioni con i potenziali interessati, promesse e regalie anche di minimo valore, sconsigliando ed in alcuni casi impedendone la libera partecipazione, riuscendo così a veicolare l’aggiudicazione dei beni oggetto di vendite giudiziarie ed a condizionare l’intero sistema delle procedure esecutive e fallimentari, al punto da ottenere, in forza delle numerosissime aste turbate, il “rispetto” degli operatori del settore ed il “riconoscimento” collettivo per l’Agenzia di costituire un passaggio obbligato per tutti i debitori che, in violazione del divieto di cui agli art. 471 e 479 cpc, si adoperano al fine di rientrare in possesso dei beni oggetto di vendita, con pregiudizio per i creditori delle rispettive procedure e per l’erario».
In merito, invece, alla figlia Sara, questa viene descritta come «titolare formale dell’omonima Agenzia di affari e Servizi, di fatto gestita dal padre, grazie alla quale il sodalizio criminale riesce a partecipare direttamente od intervenire come intermediario nelle aste giudiziarie e servizi connessi, beneficiando della sua incensuratezza, condizione necessaria per poter operare in apparente legalità presso gli uffici del Tribunale ed in generale presso gli altri uffici pubblici, riuscendo a condizionare l’esito delle procedure esecutive d’interesse».