VIDEO | Stamani l’insediamento delle toghe arrivate a dar manforte in una sede «di frontiera». Il procuratore Falvo: «Governo e Csm provvedano»
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Arrivano i rinforzi: sei nuovi giudici per dare respiro a una pianta organica di per sé insufficiente. E così la giustizia, a Vibo Valentia, può riprendere fiato, ma fino a quando? Giovanissimi, sguardo fresco e toghe lucide, non tradiscono l’emozione nella cerimonia di immissione in possesso del ruolo, nella sala Emilio Sacerdote. Sovrintende le formalità di rito il presidente Antonio Erminio Di Matteo che, anche pubblicamente, non si era risparmiato nel denunciare scoperture ed i corto circuiti di un Tribunale non a torto definito «di frontiera». «Qui, in questa precisa fase storica – dice il procuratore Camillo Falvo – si celebrano alcuni tra i più importanti processi penali in corso in Italia. Il turn over chiama i magistrati di questo Tribunale, ciclicamente, ad uno sforzo immane. Ma c’è un’altra faccia della medaglia, perché essere qui, per voi, è una grande opportunità», spiega rivolgendosi ai nuovi colleghi.
Firmano e, di fatto, s’insediano, in successione, i magistrati Luca Bertola, Giulia Ponti, Alessio Maccarrone, Claudia De Santi, Giulia Orefice, Rossella Maiorana. Il presidente Di Matteo augura loro buon lavoro, ma – quasi rassegnato – guarda al bicchiere mezzo vuoto. Appena a settembre, l’ennesimo esodo lo costrinse ad una riassegnazione tabellare dei procedimenti. Il penale è soverchiato dai maxiprocessi, le sezioni Civili e Lavoro scontano un arretrato monstre, figlio, appunto, dei trasferimenti e delle carenze d’organico. Ora giungono forze fresche, ma presto o tardi si rischia di tornare punto e a capo.
È il procuratore Falvo a dargli manforte: «Il nuovo Governo ed il nuovo Csm dovranno affrontare il problema». Il capo dei pm vibonesi sa bene cosa vuol dire «pagare il prezzo del turn over» e delle carenze di giudici: richieste restrittive che attendono mesi, a volte anni, accumulando ritardi che giustificano il venir meno delle esigenze cautelari, mentre a lungo i reati rischiano di essere reiterati o le prove inquinate; processi dalla durata infinita, che passano da un collegio all’altro fino a finire in prescrizione, ciò al netto degli effetti provocati dalle più recenti riforme. E poi i tempi biblici della giustizia civile e del lavoro, dove le cause si rinviano di anno in anno, minando non solo i diritti, ma anche la fiducia nella giurisdizione. Chiede, Falvo, che Governo e Csm frenino in qualche modo il turn over, varando un sistema di «incentivi» che induca i magistrati non solo a scegliere sedi disagiate come Vibo Valentia ma anche a restarci.
Resta, però, la «chance». Vibo Valentia, spiega all’unisono con Di Matteo, è una piazza difficile e complessa. «Servono tanta pazienza e tanto spirito di sacrificio», avverte il presidente del Tribunale. Al contempo, sottolinea il procuratore capo, questo non è un luogo nel quale svernare: qui si sgobba, si lavora a ritmi e intensità straordinari, si acquisisce un’esperienza che è difficile maturare in altre sedi ed in così breve tempo. È una «trincea» nella qual servirebbero molti giudici, ma – lasciano intendere i due alti magistrati – non è per tutti. Il «benvenuto», dunque, non è solo di rito, ma è un sincero buon auspicio.
A renderlo c’è anche Caterina Lopreiato, in rappresentanza del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati: «Auspichiamo un dialogo professionale sempre aperto e leale – dice la rappresentante dell’Avvocatura – ed in ciò esprimo una sensibilità diffusa da parte di tutti i miei colleghi». Lascia intendere che non sempre, in passato, tale sintonia, nell’interesse supremo della giustizia e del cittadino, vi è stata. Anche questo rischia di venir meno laddove si lavora in ambasce. «Buon lavoro ai nuovi giudici», boccata d’ossigeno in una realtà di frontiera… Finché dura.