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I servizi segreti sapevano sin dal settembre del 1995 dell’esistenza di una lista di 90 navi affondate nel Mar Mediterraneo, fra il 1989 e il 1995, interessate da presunti traffici di rifiuti tossici o radioattivi.
È quanto emerge da un nuovo documento declassificato proprio ieri dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, presieduta da Alessandro Bratti.
Quell’elenco, però, come riportato questa mattina dal Fatto quotidiano, non sarebbe mai arrivato nelle mani del pool investigativo guidato dall’allora sostituto procuratore Francesco Neri. I motivi non sono molto chiari, ma di certo c’è che gli investigatori del Corpo forestale che svolgevano le indagini per conto della Procura di Reggio Calabria, non furono informati di quell’elenco.
Ma la notizia probabilmente più interessante è che in quell’elenco del Sismi vi erano diversi mercantili sui quali stava indagando anche la punta di diamante di quel gruppo: il capitano di corvetta Natale De Grazia. Come si ricorderà, il militare morì in circostanze poco chiare nella notte fra il 12 e il 13 dicembre del 1995, mentre era in viaggio per lavoro proprio con riferimento alle navi a perdere. Ebbene, solo a distanza di molti anni e dopo diversi tentativi di chiudere la vicenda come malore, si scoprì che De Grazia morì per “cause tossiche”. Dunque, è lecito ritenere che qualcuno volle tappargli la bocca per sempre. Semplicemente perché le verità che il capitano stava cercando erano sin troppo scomode per poter essere scoperte. Interessi troppo alti in gioco in un settore che metteva insieme pezzi di Stato ed antistato. In mezzo, quei servizi segreti che certamente hanno avuto un ruolo di rilievo e su cui oggi sembrano accendersi nuovamente i riflettori.
Ma contrariamente a quanto riportato dal “Fatto”, l’allora pm Neri – oggi presidente di sezione penale d’Appello a Roma – allontana i sospetti di una mancata collaborazione da parte dell’intelligence italiana. Da noi contattato, infatti, Neri si limita a spiegare come «il Sismi collaborò correttamente, mandando per le vie formali le informazioni che avevano. Non posso affermare, salvo prova del contrario, che non abbia collaborato con noi. Abbiamo scoperto un fenomeno che non si conosceva. I servizi non potevano mandarci qualcosa di cui non erano a conoscenza».
Per quanto riguarda le navi dei veleni, Neri spiega come tutto sia stato fatto con indagini tradizionali: «Vennero fuori numerosi elenchi di navi, da capitanerie di porto, dal sismi. All’inizio fummo noi tramite il Corpo forestale di Brescia ad evidenziare le navi che potevano essere più sospette». Insomma, questo nuovo elenco desecretato, a giudizio del giudice, è davvero qualcosa di particolarmente nuovo? «Questo elenco è uno dei tanti, noi ne avevamo un altro di 131 navi. Quindi ce ne erano molte imbarcazioni sospette. Ma non si poteva estendere l’indagine a tutto il mondo. Ci concentravamo su quelle che erano di nostra competenza, che potevano essere state affondate le mar Mediterraneo». Neri ricorda che, a riprova della collaborazione fornita dai servizi, scrisse anche una lettera di ringraziamento. Alla domanda sulla possibilità di arrivare, prima o poi, ad una verità piena su tutta la faccenda, Neri abbozza un sorriso quasi beffardo e poi ammette: «Mi creda, non sono in grado di rispondere».
Consolato Minniti