VIDEO | Una ragazzina sarebbe stata vittima di diversi episodi di bullismo in un istituto di Rombiolo. La dirigente scolastica ha ascoltato la madre decidendo di affrontare in prima persona il problema
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L’istituto comprensivo di Rombiolo teatro per un presunto grave caso di bullismo. Le aggressioni si sarebbero verificate nella plesso scolastico di Moladi, durante l’ora di religione. «Due bulletti – ci racconta la madre della vittima – hanno inveito contro la compagna di classe per via delle sue origini sudamericane. Le avrebbero rivolto insulti pesanti».
A casa, la piccola, dopo qualche resistenza, ha raccontato tutto alla mamma che ha prima affrontato i genitori dei due ragazzini, poi ha denunciato l’accaduto alla dirigente scolastica attraverso una lettera.
Una denuncia che non ha lasciato indifferente la dirigente scolastica che all’indomani della segnalazione ha incontrato la madre della ragazzina bullizzata, una donna di origini argentine che vive a Rombiolo da 10 anni. Al termine di una lunga chiacchierata, la signora Marcela esce dall’ufficio della preside con il volto sereno. «E’ stata disponibile - dice ai microfoni di LaC News24- mi ha tranquillizzato, si è dimostrata una donna comprensiva, una vera dirigente».
La signora Marcela è argentina, vive a Rombiolo da dieci anni: ha dovuto lottare tanto per difendere la sua famiglia, le sue figlie. Ha un passato dolorosissimo, che le ha lasciato profonde ferite nell’anima, ma nonostante tutto non ha mai piegato la testa davanti all’arroganza di uomini che le hanno rovinato la vita. «Il mio unico scopo - racconta - è che atti di violenza verbale o fisica non succedano mai più. Oggi è capitato a mia figlia, ma domani potrebbe capitare alla figlia di un’altra mamma». Difende con le unghie e con i denti la piccola di casa, alla quale lascia un profondo insegnamento. «Voglio dimostrare a mia figlia che non deve mai avere paura di nessuno».
Ci raggiunge anche la dirigente scolastica Maria Grazia Gramendola, è turbata per l’accaduto ma determinata ad affrontare il problema: «Non ho lasciato la docenza perché volevo scappare, ma perché pensavo che da dirigente potevo servire la scuola in un altro modo. E così intendo fare. Parlerò con i miei alunni e poi anche con i genitori affinché episodi del genere non accadano mai più». Ci saluta frettolosamente: «Ora devo occuparmi dei bambini». Da questa storia ne esce a testa alta, altissima. Come l’istituzione scolastica, calabrese e italiana.