Nel drammatico incidente morirono Serena Cosentino e Hesam Shahisavandi, due fidanzati residenti a Diamante. Ecco i nomi delle persone destinatarie dell'avviso di conclusione indagini
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A due anni dalla tragedia del Mottarone, in cui morirono 14 persone, la Procura di Verbania ha chiuso l'inchiesta in vista della richiesta di processo per 8 indagati. La tragedia registrò anche la morte di due giovani calabresi, Serena Cosentino, 27 anni, nata a Belvedere Marittimo ma residente a Diamante e Hesam Shahisavandi, 23 anni, nato in Iran e residente a Diamante. Solo il piccolo Eitan, all'epoca cinque anni, è sopravvissuto.
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I nomi degli indagati
Destinatari dell'avviso di conclusione indagini, oltre alle due società, sono Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio, direttore d'esercizio, Gabriele Tadini, capo servizio, e, per Leitner, incaricata della manutenzione, Anton Seeber, presidente del CdA, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service.
Richiesta l'archiviazione per 6 tecnici
Si va verso l'archiviazione per 6 tecnici esterni la cui posizione è stata stralciata. I pm hanno già formulato la richiesta di archiviare le posizioni di Rino Fanetti, che nel novembre 2016 ha eseguito la testa fusa relativa alla cabina poi precipitata a causa della rottura del cavo e dell'inserimento dei forchettoni che hanno disattivato il sistema frenante di sicurezza. E poi di Alessandro Rossi e Davide Moschitti di Sateco, di Federico Samonini, legale rappresentante della Scf Monterosa, di Fabrizio Pezzolo, rappresentante legale della Rvs, e del suo dipendente Davide Marchetto.
Le indagini
Le indagini, condotte dai carabinieri, sono state coordinate dal Procuratore di Verbania Olimpia Bossi e dal pm Laura Correra. I reati contestati a vario titolo sono attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime e solo per Tadini e Perocchio anche il falso.
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Dai primi e accertamenti, in base ai racconti delle persone informate sui fatti e e al materiale sequestrato, subito sono emersi i due temi centrali: il cavo tranciato e mancato funzionamento del sistema frenante di sicurezza dovuto all'inserimento dei cosiddetti forchettoni per evitare che la cabina, poi precipitata con a bordo i passeggeri, si bloccasse durante la corsa. Per questo Nerini, Perocchio e Tadini sono stati fermati dai pm nella notte tra il 25 e il 26 maggio ma il gip, ritenendo non ci fossero i presupposti (il pericolo di fuga), non ha convalidato il fermo: la sera del 29 maggio ha rimesso in libertà i primi due e ordinato gli arresti domiciliari solo perTadini riconoscendo nei suoi confronti i gravi indizi in base alle prime testimonianze. Una decisione che, per una questione formale, ha aperto uno scontro tra toghe arrivato a fino al Csm, mentre il procedimento è stato riassegnato a un altro giudice. Qualche mese dopo il nuovo gip ha accolto la richiesta di incidente probatorio e nominato due collegi di periti per far luce sulle cause dell'incidente.
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Le perizie
Nel contempo la Procura ha iscritto nel registro degli indagati altre 11 persone: Leitner con i suoi vertici, la società Ferrovie del Mottarone in qualità di ente e un gruppo di 6 tecnici, quelli ora stralciati in vista della richiesta di archiviazione, dipendenti di aziende super specializzate che, in subappalto, si sono occupate dei controlli e pure colui che ha realizzato la testa fusa della funivia. Le perizie, depositate nel settembre scorso e che hanno poi indotto gli inquirenti a sfoltire l'elenco degli indagati, hanno ricostruito le carenze nei controlli e nella gestione dell'impianto: hanno rilevato che la fune era corrosa ben prima dell'incidente e una corretta manutenzione avrebbe potuto rilevarlo. E poi l'uso costante dei forchettoni che non ha lasciato scampo.