La Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio di 188 persone coinvolte nell'operazione Stige condotta nel gennaio scorso dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Crotone contro la cosca Farao-Marincola di Cirò Marina e nella quale sono indagati anche dei politici. Una cosca, secondo l'accusa, con addentellati nel Nord e Centro Italia (Emilia-Romagna, Veneto, Lazio, Lombardia) e in Germania (Laender dell'Assia e del Baden-Württemberg) e infiltrata in diversi settori economici e grazie alla connivenza di imprenditori compiacenti. Nella rete degli investigatori sono finiti politici e imprenditori oltre a vertici e presunti affiliati alla cosca.

I politici coinvolti

Nella richiesta firmata dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, dall'aggiunto Vincenzo Luberto, e dai pm Domenico Guarascio, Fabiana Rapino e Alessandro Prontera, la Dda ha chiesto il rinvio a giudizio, tra gli altri, di Nicodemo Parrilla, al momento dell'arresto sindaco di Cirò Marina e presidente della provincia di Crotone; Roberto Siciliano, ex sindaco di Cirò Marina; il fratello Nevio Siciliani, ex assessore; del presidente del consiglio comunale di Cirò Marina Giancarlo Fuscaldo; del consigliere Giuseppe Berardi; dell'ex sindaco di Mandatoriccio Angelo Donnici; del vicesindaco di Casabona Domenico Cerrelli; di Michele Laurenzano, ex sindaco di Strongoli; di Giovanbattista Benincasa, ex vicesindaco di San Giovanni in Fiore. I politici sono accusati, a vario titolo, di avere ottenuto vantaggi elettorali dalla consorteria e di essersi piegati ai desiderata della cosca attraverso i loro poteri istituzionali, manipolando bandi di gara in favore degli imprenditori prestanome dei Farao-Marincola. Tra gli imprenditori per i quali è stato chiesto il giudizio ci sono Francesco e Valentino Zito, imprenditori del settore vitivinicolo, Pasquale, Luigi, Antonio e Rosario Spadafora, con un'azienda nel ramo del taglio boschivo a San Giovanni in Fiore, Nicola Flotta, proprietario del Castello Flotta, location per matrimoni sfarzosi, e Giuseppe Clarà che opera nel settore dei rifiuti.

Le imprese colluse

Le imprese ritenute colluse – riporta l’ansa - si sarebbero avvalse del potere politico e di intimidazione della consorteria per sbaragliare la concorrenza e favorire il potere economico dei Farao-Marincola e il loro controllo in diversi settori economici. La cosca sarebbe diventata una vera e propria "holding criminale", capace di controllare vari settori dell'impresa dai rifiuti, agli appalti pubblici, dal commercio di prodotti alimentari e vinicoli, anche all'estero, ai servizi funebri. Un giro d'affari per milioni di euro. Spetta ora al gup fissare la data dell'udienza preliminare e decidere sulla richiesta.

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