La ‘ndrangheta è un’organizzazione criminale che se da un lato opera alla stregua di una holding, indiscutibilmente riconosciuta tra i principali player internazionale del narcotraffico, dall’altro cementa ancora i patti di ‘ndrangheta attraverso pratiche medievali come i matrimoni forzati delle cosiddette “spose bambine”. L’ennesimo caso è stato scoperto, nell’ambito dell’operazione “Acero Connection” della Procura di Reggio Calabria: una ragazzina di 13 anni costretta da genitori ‘ndranghetisti a fidanzarsi con un rampollo del clan della Locride, nonostante fosse interessata ad un giovane della sua età.

 

E’ questo uno degli aspetti rilevati dalla relazione semestrale dalla Direzione Investigativa Antimafia presentata al Parlamento dal ministero degli Interni Angelino Alfano.

 

«Le evidenze info-investigative – si legge nel documento – consentono di offrire una prospettiva dei “comportamenti criminali” della ‘ndrangheta sempre più protesa ad estendere e consolidare la propria presenza all’estero e a radicarsi nelle regioni del Centronord».
Poi il focus nelle province calabresi. Noi cominciamo da Reggio Calabria.

 

 La dimensione sociale e i rapporti economici della provincia continuano ad essere condizionati da una diffusa prevaricazione della ‘ndrangheta. A vertice di tale struttura si pone il “crimine”, o provincia, espressione della città di Reggio Calabria e dei luoghi che si affacciano sui mari Tirreno e Jonio, dove operano “famiglie”, ‘ndrine e locali, secondo una ripartizione tradizionale nelle seguenti tre macro-aree: città di Reggio Calabria e zone limitrofe, versante tirrenico (“Piana”), fascia jonica (“Montagna”).

 

L’interferenza della mafia non si è peraltro limitata al condizionamento di singoli procedimenti amministrativi, ma pare aver riguardato, ancora più a monte, la fase elettorale nell’ottica di far emergere candidati compiacenti, allo scopo di poter ottenere, durante l’esercizio del mandato, agevolazioni funzionali al consolidamento del potere sul territorio, sia in termini sociali che di sfruttamento delle risorse derivanti dagli stanziamenti per l’assegnazione di gare d’appalto.

 

Città e zone limitrofe. Qui perdurano le intese ‘ndranghetiste stabilite dai De Stefano (centro, quartiere Archi e Santa Caterina), dai Condello (Archi), dai Libri (centro, località Cannavò, Mossoroffa, Spirito Santo e Trabocchetto)e dai Tegano (centro, Archi, Santa Caterina e zona Tremulini). Tra le principali cosche operative nel capoluogo di provincia si segnalano i Serraino, i Ficara-Latella, Lo Giudice, i Borghetto-Caridi-Zindano e Rosmini, i Labate e gli Alampi. Le cosche regine continuano a manifestare interesse verso il mondo delle scommesse e dei giochi online.

 

Versante tirrenico. I Piromalli e i Molè rimangono attori indiscussi del teatro criminale della Piana di Gioia Tauro. Nella zona di Rosarno e di San Ferdinando si registra l’operatività dei Pesce e dei Bellocco, mentre a Palmi sarebbero attivi i Gallico e i Parrello. A Seminara agirebbero i Santaiti, i Gioffré e i Caia-Laganà, mentre a Rizziconi i Crea. Il comprensorio Sinopoli-Sant’Eufemia subirebbe, invece, la forte ingerenza degli Alvaro. Quest’ultima cosca, in particolare, poteva contare su una solida rete commerciale attiva nel settore dell’importazione di frutta e tuberi, utilizzata come carichi di copertura per la cocaina. Inoltre, il Porto di Gioia Tauro continua a rappresentare una rotta privilegiata del narcotraffico internazionale e del contrabbando di tabacchi.

 


Versante Jonico. Sono ritenuti manifestazioni criminali di assoluto rilievo i locali San Luca (Pelle-Vottari-Nirta-Strangio), Platì (Barbaro-Trimboli), Africo (Morabito-Palamara-Bruzzaniti), Cirella di Platì (Fabiano), Siderno (Commisso in contrapposizione ai Costa e ai Curciarello), Marina di Gioiosa Jonica (Acquino-Coluccio-Mazzaferro) e Gioiosa Jonica (Scali, Ursino e Ierino).