Soldi a palate, bella vita tra resort di lusso oltreoceano, cene a base di champagne, ostriche e aragoste, orologi d’oro e un fatturato annuo a sei zeri. Ma se i rampolli del cartello criminale costituto dai Tegano-Franco-Iannì, per come è emerso oggi dall’operazione “Galassia”, era riuscito ad espandersi nel settore delle scommesse on line è grazie alla forza intimidatrice proveniente dalla loro presunta appartenenza alla ‘ndrangheta reggina. Se non fai parte delle cosche infatti, è impossibile fare affari illegali.


A svelarne i meccanismi ai pm antimafia reggini Sara Amerio e Stefano Musolino sono stati ben sei collaboratori di giustizia e tra questi spicca Mario Gennaro (in foto), l’uomo dei Tegano che dopo essere stato arrestato nell’inchiesta “Gambling”, messa a segno nel 2015, ha deciso di vuotare il sacco e svelare agli inquirenti l’infiltrazione della ‘ndrangheta nel settore. Mario Gennaro, infatti, era il vertice dirigenziale ed economico di uno dei brand più rilevanti ed in espansione del settore: Betuniq. In questa veste ebbe modo di relazionarsi con il sistema commerciale operante su tutto il territorio nazionale, studiando e confrontando le modalità operative e le dinamiche aziendali anche delle altre aziende concorrenti, per garantire la costante competitività dei servizi offerti da Betuniq. Gennaro è stato riconosciuto, dal gup distrettuale, quale collaboratore credibile. All’esito del processo “Gambling” infatti, è stato condannato “solo” a quattro anni di carcere in quanto gli è stata riconosciuta l’attenuante per la collaborazione con la giustizia.

Senza la ‘ndrangheta non si lavora

È il 24 novembre del 2015. Gennaro viene interrogato dai magistrati antimafia che gli chiedono appunto di svelare i meccanismi mafiosi che si celano dietro il mercato dei giochi e delle scommesse illegali. «Parto dal presupposto- e dico che è impossibile che se non hai rapporti giusti- ha affermato il pentito - tu vai e lavori libero a Reggio Calabria, a Rosarno, a Bagnara, in questi paesi, ma non solo, anche in altre parti dell'Italia». Al Nord però, sarebbe più facile operare in modo legale. C’è meno pressione mafiosa. «C’è questa differenza- ha chiosato il collaboratore. Questa differenza c’è anche sulle registrazioni per esempio degli utenti on line, cioè da noi, per esempio in Calabria, il cliente già è più restio ad andare su un sito per fatti suoi a registrarsi e versare con la carta di credito. Al Nord Italia è più facile. È anche vero che al Nord Italia, appunto, questo dai fatturati generali che fa vedere i Monopoli di Stato si può notare che le società, che il business .it al nord Italia è molto superiore rispetto ad altre zone come dovrebbe essere, cioè faccio un esempio: la Lombardia magari rispetto alla Campania… le sembrerà strano, ma il vero business è in Campania non è in Lombardia, ma magari il .it in Lombardia lo fa il suo fatturato, perché? Perché c’è meno criminalità..(…)però quel business è in mano alla criminalità. Mentre in una zona come la Lombardia, sì la criminalità se ce l’hai sicuramente ti ramifica…».

Come funziona il sistema?

Esperto conoscitore delle dinamiche sia criminali che “tecnologiche” Gennaro quando gli inquirenti gli chiedono di entrare nel dettaglio, soprattutto sul fronte mafioso, è un fiume in piena. «Allora il sistema funzionava così…» ed inizia a raccontare. «Lui o noi si faceva l’accordo sul territorio con il personaggio X, ok? Non vado ora sui nomi della rete commerciale, vi dico il metodo loro, loro facevano sul territorio l’accordo con… per esempio sulla Campania faccio l’accordo con il personaggio X, creo… co-banco 50%, fido direttamente, quindi un credito virtuale, destinato a questo personaggio X di X mila euro, ovviamente parliamo di centinaia di mila euro i quali poi si gestivano a sua volta tutto quello che attivavano giù, quindi si attivavano degli agenti che andavano ad attivare a sua volta delle agenzie, distribuivano tutto questo credito, alla fine del mese, come ho già spiegato una volta passavano le provvigioni e quello che mancava ipoteticamente da questo fido, quindi che era stato consumato, doveva essere pagato alla Planetwin il quale avveniva in maniera cash quindi non si effettuavano transazioni bancarie si effettuava totalmente “black” indipendentemente dal fatto che si attivava il CTD o non si attivasse il CTD, il modus operandi ,finanziario è stato sempre gestito da loro in questa maniera, questo ripeto l’ho saputo da fonte diretta per aver avuto delle trattative con diversi personaggi che poi io vi andrò a nominare…». Ed ecco che i soldi si disperdevano nei circuiti e finivano direttamente nelle loro tasche.

«Ci bruciaru i sali»

Senza gli accordi giusti però si faceva una brutta fine. Come quando una volta gli hanno chiesto aiuto dei giovani che avevano “osato” non rispettare le regole e le zone di competenza. Andarono a trovarlo direttamente a Malta. «Ragazzi venite a trovarmi, ha riferito Gennaro, e mi raccontarono quello che stava succedendo. Praticamente mi raccontarono: “Guarda, purtroppo ci ammazzano; noi pensavamo che potevamo fare, le cose sono due o facciamo accordi con le famiglie nelle zone e vediamo di prendere un po’ di mercato oppure ci hanno imposto che il sito dev’essere B2875”. E ci chiuderu i Sali (gli hanno chiuso le sale giochi ndr), ci bruciaru, proprio ci bruciaru cetti Sali( hanno dato fuoco alle sale giochi, ndr)».