Sudicio, barba lunga e maleodorante, Salvatore Di Costanzo se ne sta come al solito su una panchina che costeggia la ss 18 all'altezza del Comune di Santa Maria del Cedro.

Non parla ma cerca disperatamente lo sguardo dei passanti. Poi si alza e comincia a camminare avanti e indietro anche per ore. Di Salvatore ce ne siamo occupati a lungo, a partire già da giugno scorso, ma dopo un anno è tutto come prima.

È ancora un uomo solo, abbandonato, che ha perso il lume della ragione. I passanti lo guardano con occhi compassionevoli, ma in fondo tutti quelli che lo incrociano durante il giorno vorrebbero liberarsene, perché quest'uomo dal corpo esile cerca un abbraccio che nessuno gli può dare, fa i suoi bisogni in strada perché ha perso anche il senso del pudore e i suoi vestiti emanano un odore nauseabondo.

Lo avevamo definito "l'uomo invisibile", perché per lo Stato Salvatore Di Costanzo è come se non esistesse, come se nessuno lo vedesse, come se nessuno sapesse come curare un uomo che non è più padrone di se stesso.

E proprio mentre eravamo tornati a bussare alle porte delle istituzioni per chiedere conto di questa atavica situazione, ecco la notizia che non ti aspetti: il prossimo martedì Salvatore entrerà in un casa d'accoglienza gestita dalla Chiesa, grazie alla disponilità del parroco che la gestisce.

Una vergogna di Stato

A rivelare l'inefficienza dello istituzioni in Calabria è uno dei suoi rappresentanti, di quelli che bada poco alla forma e non le manda a dire.

Il sindaco di Santa Maria del Cedro, Ugo Vetere, svela ogni retroscena di questa storia che ha dell'incredibile. «È dal 2016 che provo ad allertare le istituzioni sovracomunali, ho scritto a chiunque, non ultima la presidente della Regione, Jole Santelli, ma o non ottengo risposta, o si fa come al solito lo scaricabarile delle responsabilità».

Chi doveva certamente prendere in mano la situazione è l'Asp di Cosenza, che conosce bene la storia di Salvatore. Ma nonostante i solleciti non c'è stato niente da fare. Così, il primo cittadino, tra una pandemia mondiale e un'emergenza rifiuti, la gente da sfamare e i pochi fondi da gestire, ha trovato anche il tempo di cercare un posto dove Salvatore possa essere accudito e ricevere calore umano.

Se ne farà carico la Casa di Rut, il centro di accoglienza di Praia a Mare realizzato con i fondi Caritas, inaugurato lo scorso febbraio e gestito da don Marco Avenà. La disponibilità arriva proprio durante la settimana pasquale.

Salvatore, precedentemente non aveva trovato posto in nessuna delle strutture sanitarie contattate dal sindaco e anche dopo il tso, richiesto in seguito a un nostro servizio, era stato rispedito a casa dopo nemmeno venti giorni. Anche se una casa vera e propria non ce l'ha. In quella occasione, Salvatore tornò trasformato, sembrava un uomo nuovo, merito delle medicine che tenevano sotto controllo le sue alterazioni psichiche. Ma poche settimane più tardi, senza assistenza, è ripiombato nell'abisso.

Spogliato della sua dignità

Mentre tutto il mondo in queste settimane è in isolamento forzato a causa della diffusione del coronavirus, Salvatore è libero di camminare per strada a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza mascherina e senza guanti. Difficile che nessuno lo abbia notato.

Salvatore è lì, sempre, dalle prima ore del mattino, percorre sempre gli stessi metri, siede sempre sulla stessa panchina e oramai lo conoscono tutti. Eppure per lui sembra che le restrizioni governative non esitano. Come se non se non fosse un essere umano da proteggere, come se non appartenesse a questo mondo. Salvatore non sa nemmeno contro quale patologia deve combattere, perché non ha nemmeno una diagnosi con cui fare i conti.

Dal lusso all'abisso in poco tempo

Salvatore ha un passato da lavoratore e da persona benestante, ma a un certo punto, ha smesso di vivere pur continuando a respirare. Chi lo conosce da tempo giura che negli anni '80/'90 la sua casa era assiduamente frequentata da persone colte e benestanti, proprio come lui.

Aveva anche una famiglia, una moglie e una figlia. Poi d'improvviso l'uomo sarebbe cambiato e avrebbe perso tutto ciò che aveva, a partire dagli affetti. Probabilmente, l'uomo si era perso nei meandri del gioco d'azzardo senza riuscire a risalire la china. Salvatore ha provato a ricostruirsi una vita, non ce l'ha fatta.

Ha vissuto molto tempo fuori dalla Calabria, poi tra il 2015 e il 2016 è tornato a Santa Maria del Cedro per rintanarsi nella casa di sua proprietà, l'ultima cosa che gli è rimasta. Ma piano piano sempre più estraneo a se stesso. Le mura della sua casa portano ancora i segni di una notte di delirio, quando, a causa di una sigaretta rimasta accesa, un grosso incendio ha polverizzato ogni cosa. Tranne i rifiuti, che continuano a crescere rendendo la casa inaccessibile.

La possibile rinascita

Per Salvatore sarà un Pasqua diversa quella di quest'anno. La passerà certamente da solo, consumando come al solito il pasto che qualcuno di buon cuore gli donerà, ma con l'entusiasmo di chi sa che ha la possibilità di poter ricominciare. Lo abbiamo incontrato due giorni fa. Gli abbiamo detto che tra tre giorni dovrà lasciare la sua adorata panchina per andare in posto ancora più bello, pieno di cose buone da mangiare, dove sarà al sicuro. Gli abbiamo anche detto che c'è una valigia piena di vestiti che qualcuno sta raccogliendo per la sua nuova vita. È rimasto ad ascoltare per qualche secondo, ha sorriso e ci augurato buona Pasqua. Poi si è voltato per ricominciare a fuggire da se stesso.