La chiamata “scomparsa” di Allert Phone che avrebbe avvisato la guardia costiera del naufragio, la cervellotica divisione delle salme recuperate per evitare un nuovo effetto Cutro e  la totale assenza del Governo nazionale e di quello regionale all’unica manifestazione (organizzata dalla chiesa) in ricordo delle 65 vittime del naufragio a largo di Roccella. E poi il muro di gomma che ha impedito ai cronisti di raccogliere le informazioni (con tanto di identificazioni sul posto e allontanamenti dagli ospedali in cui erano ricoverati i sopravvissuti) e la fulminea promozione del vice prefetto che si occupava del caso ad assessore regionale: sono le telecamere di Report a riportare l’attenzione su una delle più gravi tragedie migranti avvenute sulla rotta turca.

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Una tragedia in cui hanno perso la vita più di 65 persone (25 erano bambini) e che resta ammantata dal silenzio delle istituzioni, trincerate dietro un irritante muro di gomma. Una tragedia che fa il paio con quella di Steccato di Cutro ma che non ha avuto il medesimo impatto mediatico e che, a distanza di una manciata di mesi, è ormai stata relegata nel dimenticatoio. Nessuna bara davanti a cui fermarsi per un momento di raccoglimento, nessuna cerimonia comune per condividere il peso della tragedia, pochissime comunicazioni ufficiali se si esclude un video surreale della guardia costiera in cui due ufficiali si rimbalzano spezzoni di notizie interrogandosi tra loro.

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Le telecamere di Rosa Maria Aquino hanno ricostruito passo passo la tragedia che nel giugno passato ha colpito l’ennesimo barchino partito da Tobruk, sulle coste della Turchia, ricostruendo le varie fasi che sono seguite all’affondamento del veliero su cui viaggiavano quasi 80 persone in fuga da guerra e fame. È il giugno scorso quando un veliero monoalbero resta in avaria nelle acque dell’Egeo proprio al confine con il confine delle acque Sar italiane. Al suo interno, stipati come polli, ci sono più di 70 persone che attendono di attraversare il mare per raggiungere parenti ed amici sparpagliati in giro per l’Europa.

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Un incidente peggiora le cose, la barca si inabissa quasi completamente e, dopo giorni passati in balia del mare grosso, il numero di sopravvissuti si riduce drasticamente. Quando un diportista francese si accorge di loro, solo in 13 sono ancora in vita e una di loro (una giovane donna incinta all’ottavo mese) morirà prima di raggiungere il porto di Roccella. Da quel momento, una cappa scende sulla tragedia. L’arrivo delle salme recuperate dalla capitaneria arriva “a spezzoni”: una parte a Roccella, una parte a Crotone, una parte a Gioia Tauro, tutti porti distanti tra loro. Succede così anche con i sopravvissuti, che vengono sparpagliati per gli ospedali di due province.