«La signora ha risposto a tutte le domande che le sono state poste ed è collaborativa. Ha escluso ogni responsabilità in capo al marito e ad altri soggetti terzi, sostenendo di non aver mai avuto un piano preciso e che, ovviamente, non avrebbe mai voluto fare del male né alla bambina né a nessun altro». Così l'avvocato Teresa Gallucci, legale di Rosa Vespa, la 51enne accusata del rapimento della neonata portata via martedì scorso dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza, interpellata dalla Dire in merito agli interrogatori della signora Vespa e del marito, Moses Omogo Chidiebere, 43 anni, che si sono svolti questa mattina nel carcere della città calabrese.

A seguito dell'esito degli interrogatori, intanto, il Gip ha deciso di disporre la scarcerazione di Moses, che si è detto totalmente estraneo al rapimento della neonata. «L'interrogatorio è durato parecchio - ha raccontato l'avvocato Gallucci - sono state chiarite determinate circostanze e sostanzialmente è emerso che non c'era nessuna programmazione». La signora Vespa, è emerso, avrebbe simulato la gravidanza con il suo compagno. Ma durante l'interrogatorio, come ha motivato il rapimento della neonata? «Non lo ha motivato, quando le sono state poste domande sul perché ovviamente c'era anche molta commozione, molta agitazione, paura, senso di colpa, rammarico, ma anche tanta confusione».

Come sta in questo momento la donna? È consapevole di ciò che ha fatto? «Non sono un medico, quindi non ho gli strumenti per fare diagnosi e dire se è consapevole o meno - ha risposto ancora alla Dire il legale della signora Vespa -. Alterna momenti di pianto e ovviamente di disperazione. Le posso dire che ho chiesto l'autorizzazione per un medico di entrare in carcere e visitare la signora, per verificare le sue condizioni di salute, e il pubblico ministero non si è opposto».

La signora Vespa ha ribadito al giudice di aver agito da sola, escludendo la complicità di altre persone. Dalle telecamere, però, si vede chiaramente la presenza del marito. Come ribattete su questo punto? «Trovarsi lì e andare via con la bambina non significa automaticamente collaborare - ha risposto l'avvocato -. È emerso che lui non era a conoscenza di nulla, lo ha precisato lo stesso Moses. Circostanza che è stata chiarita anche dalla signora. Trovarsi lì significa che sei a conoscenza di quello che sta succedendo». Infine, quali saranno i prossimi passaggi? «Attendiamo appunto la visita del medico, poi vedremo anche le determinazioni del Gip, che ancora non sono state notificate e quindi non ho ancora le carte sulle quali poter elaborare la strategia difensiva», ha concluso la legale.