Rosa Vespa, la sera in cui è stata fermata e portata in Questura con l'accusa di aver rapito la piccola Sofia dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza, ha dichiarato di aver agito da sola. «Acqua Moses non c'entra nulla». Lui, originario del vecchio Biafra, oggi Nigeria, era sotto shock, incredulo di fronte a ciò che aveva appena scoperto. Poco prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, infatti, uno dei presenti alla festa per "Ansel" aveva fatto notare alla ragazza cosentina, amante dell’architettura, che quel neonato era in realtà una neonata.

Rosa Vespa è crollata un attimo dopo, quando gli agenti e i carabinieri le hanno fatto capire che sapevano tutto. Prima di essere smascherata, però, aveva portato il "suo neonato" nella stanza da letto. La festa si è conclusa così in tragedia, davanti agli occhi degli stretti familiari. Un dramma nel dramma, mentre nella clinica Sacro Cuore una mamma e un papà attendevano con angoscia di riabbracciare la loro piccola Sofia.

La vicenda giudiziaria di Rosa Vespa e Acqua Moses è solo agli inizi. L’udienza di convalida è il primo passo verso una verità processuale che emergerà nei tempi e nei modi stabiliti dalla giustizia. Nel frattempo, l’odio sui social dilaga, ma la giustizia segue il suo corso. Per fortuna.

Chi è Rosa Vespa?

Accusata di concorso in sequestro di persona insieme ad Acqua Moses, Rosa Vespa non possiede la patente. Non si spostava mai da sola e, vivendo a Castrolibero, si affidava al compagno o ad amici e parenti per muoversi a Cosenza.

Tra il 7 e il 10 gennaio 2025, Rosa Vespa non ha dormito a casa. Ha fatto credere a tutti, forse anche a Moses, di trovarsi in clinica. Lo affermava nei messaggi quotidiani e inviava persino alcune foto. In realtà, aveva scelto di alloggiare in un hotel cittadino, il Royal, a poche centinaia di metri dalla clinica Sacro Cuore. Testimoni affermano di averla vista aggirarsi sia all’interno della clinica che nei suoi dintorni. La scelta dell’hotel, situato in una parallela di corso Mazzini, le ha facilitato il compito.

Durante il soggiorno in albergo, Rosa comunicava con amici e parenti: «Mi trovo in camera», diceva. Aggiungeva poi la scusa del Covid, già illustrata in un altro servizio, quando aveva raccontato al marito che non poteva recarsi in clinica perché non lo avrebbero fatto entrare. Successivamente, Rosa fa ritorno a casa, ma senza "Ansel". La clinica, spiega, avrebbe deciso di tenerlo sotto osservazione. A casa, circondata dall’affetto di amici e familiari, Rosa finge persino di tirarsi il latte per portarlo alla clinica. Tutti le credono, proprio come avevano creduto alla sua gravidanza.

Il giorno del rapimento

Il "film" di Rosa Vespa arriva al momento clou: il rapimento. La donna decide che il giorno giusto sia il 21 gennaio. Entra in clinica, mentre Moses rimane ad aspettarla in auto. L’uomo la vede arrivare, scende e porta l'ovetto in clinica. Rosa è titubante: tiene stretto il contenitore e cerca di nascondere il viso coprendolo con un giubbino nero. Moses attende che la donna adagi "Ansel" nel passeggino, ma Rosa torna sui propri passi. Le telecamere di sorveglianza mostrano che si allontana, mentre Moses rimane immobile. Poco dopo, esce anche lui e la coppia risale in auto, diretta a Castrolibero.

La festa si trasforma in tragedia, ma il dramma di Valeria e Federico trova il suo epilogo: la piccola Sofia torna finalmente tra le braccia dei suoi genitori.