Arrestato nel corso dell'ultima operazione della Dda, per gli inquirenti era al vertice della cosiddetta "caddara" ed intratteneva stretti rapporti con le cosche del Reggino
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Ci sono le 'ndrine, ci sono i locali. Ma soprattutto c’è la provincia, in senso geografico e mafioso. Ed un capo crimine che la comanda. Per la Dda e i carabinieri non ci sono dubbi: è Luigi Mancuso il capo dei capi della 'ndrangheta vibonese.
Riconosciuto dal “Crimine” di Polsi, e storico detentore del potere 'ndranghetistico formale e sostanziale su tutta la provincia, in virtù del suo carisma criminale, degli strettissimi rapporti con le cosche Piromalli di Gioia Tauro e Pesce di Rosarno, dei collegamenti con le più potenti famiglie ‘ndranghetistiche del Reggino, rappresentava il vertice assoluto dell'intera area, cui facevano capo le altre articolazioni criminali.
Luigi Mancuso è stato arrestato sul treno, a Lamezia Terme, la sera prima del maxi-blitz Rinascita-Scott, mentre tornava da Milano. I carabinieri del Gruppo d’intervento speciale lo hanno bloccato in mezzo agli altri passeggeri.
Il boss di Limbadi, 65 anni, era al vertice della cosiddetta “caddara” insieme a coloro che avrebbero costituito una sorta di direttorio della ‘ndrangheta vibonese: i sangregoresi Rosario Fiarè e Saverio Razionale e il capobastone del Poro Peppone Acccorinti.
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