Superati i tre giorni di assenza, dovranno essere i medici ad autorizzare la riammissione in classe. Mancano però gli strumenti diagnostici. Il sindacato nazionale: «Ci forniscano almeno i test salivari»
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Norme confuse e contradditorie, che di fatto obbligano i pediatri a isolare tutta la classe non appena qualcuno presenta sintomi compatibili con il Covid-19, chiedendo il tampone per tutti. Una situazione che potrebbe essere più gestibile se gli venissero dati degli strumenti diagnostici, al momento non previsti. Così Rinaldo Missaglia, segretario del Sindacato nazionale medici pediatri di famiglia (Simpef), commenta le norme previste per il rientro a scuola.
«C'è molta preoccupazione, perché le norme sanitarie e medico-legali sono contraddittorie. A tal fine abbiamo chiesto un chiarimento al Ministero della Salute», precisa. Una prima contraddizione riguarda il limite dei 3 giorni di malattia. Se l'assenza non li supera infatti, «è il genitore che può far riammettere il bambino, facendo una sorta di autocertificazione in cui dichiara di non aver avuto contatti con altri», continua Missaglia.
Superati i 3 giorni invece, «siamo noi pediatri a dover certificare la riammissione, e che nei 3 giorni passati non c'è stata malattia. Tutto questo senza poter visitare di persona il bambino, ma solo sentendo per telefono i genitori», continua. Di fatto «dovremmo certificare l'assenza di malattia e di sintomi e autorizzare la riammissione a scuola senza alcuno strumento diagnostico per poterlo fare. In questo modo saremo costretti a richiedere all'Ats il tampone e disporre l'isolamento per tutti», prosegue Missaglia. Sarebbe invece opportuno, conclude, che «ci venissero dati degli strumenti per la diagnosi, come i test salivari che si stanno usando ora negli aeroporti. Quando saranno più diffuse febbre e influenza da ottobre in poi, un test del genere ci permetterebbe di fare uno screening importante».
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