È l’ascesa di Omar Mohamed a guidare i finanzieri di Bologna all’origine di quella che definiscono una «veloce accumulazione patrimoniale, economica e finanziaria». Mohamed ha 39 anni, è nato a Crotone ed è ritenuto responsabile di alcuni tentativi di estorsione ai danni di una famiglia che avrebbe dovuto, a suo dire, restituirgli 300mila euro. Vessazioni, spedizioni diurne e notturne, appostamenti in auto: «Adesso vedrete cosa succede». Una caccia all’uomo che raggiunge il culmine nel luglio 2021, quando Mohamed incontra per strada una delle vittime e non si trattiene: «Dove c… è tuo figlio? Lo vado a trovare, vi ammazzo a tutti quanti».

Il 39enne ha una faccia violenta e anche uno spessore economico che, secondo la Dda di Bologna, deriva in parte dai suoi legami con la Calabria. È uno dei due arrestati nell’inchiesta che ha messo nel mirino un sistema di riciclaggio di denaro sporco di provenienze mafiosa: ’ndrangheta e camorra avrebbero investito su alcune attività commerciali oggetto di un sequestro da 2 milioni di euro. In tutto gli indagati sono 16 e Mohamed sarebbe uno dei tasselli chiave del giro di denaro. Avrebbe, infatti, ricevuto denaro da Aldo Poerio, che viene definito «vicino alla ’ndrina degli Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto».

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I pm: denaro sporco per le società di Mohamed

Per Poerio, che è indagato ma non è stato raggiunto da misure cautelari, l’accusa è pesante: gestirebbe «numerose realtà economiche e imprenditoriali» nella città di Viadana, in provincia di Mantova. Dai suoi conti sarebbero state inviate a Mohamed somme di denaro che i militari della Guardia di Finanza si sono incaricati di monitorare. Si tratta di bonifici con la causale “prestiti infruttiferi”: Poerio versava e Mohamed, «pressoché contestualmente, disponeva bonifici» sul conto corrente della società Spazio 85 srl con sede a Bologna, della quale è legale rappresentante e amministratore unico. I pm di Bologna credono che quel denaro sia «di provenienza delittuosa».

Mohamed avrebbe avuto anche altri canali di rifornimento. Negli atti dell’inchiesta viene citato Massimo Nicotera, arrestato oggi, e considerato vicino al clan camorristico Veneruso-Rea «e arrestato anche per delitti contro il patrimonio aggravati dal metodo mafioso nel corso del 2023». Da Nicotera sarebbero arrivati almeno 340mila euro. Parte di questo denaro sarebbe stato versato in contanti e utilizzato da Mohamed «per l’acquisto del ramo d’azienda di una società, costituito da un’attività di ristorazione «acquistata al prezzo effettivo di 220mila euro». Ci sono anche compravendite immobiliari tra le presunte attività illecite di cui la Procura accusa Mohamed e Nicotera.

Le origini della fortuna economica di Mohamed

Il «cuore dell’indagine», appunta il gip, è proprio l’accertamento delle origini della fortuna di Mohamed. Da violenze e minacce si passa alla «costituzione di sette società», all’«acquisto di aziende di ristorazione e di immobili», all’«apertura di tantissimi rapporti bancari». E poi «l’acquisto con leasing finanziari di sei auto di lusso, l’esborso (documentato nell’arco temporale dal 2018 alla fine del 2022) di circa 600mila euro per le sole spese di leasing finanziario. Il giudice per le indagini preliminari sottolinea il «dinamismo straordinario se si tiene conto del biennio di rallentamento generalizzato dovuto alla pandemia mondiale».

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Nei due anni delle indagini, secondo l’accusa, «si è potuto dimostrare che Omar Mohamed si è avvalso di più finanziamenti di provenienza delittuosa». Denaro che sarebbe arrivato, appunto, «sia da Aldo Poerio, al quale è legato da rapporti di parentela, ritenuto appartenete a clan di ’ndrangheta (ricordiamo che Poerio è soltanto indagato, ndr), sia da Massimo Nicotera, ritenuto appartenente a clan di camorra dell’hinterland napoletano». Le società del 39enne sarebbero dunque state «inquinate con denaro illecito» e «senza questi finanziamenti illeciti non avrebbe potuto accumulare» beni, «poiché le banche non gli concedevano i presiti e, come dimostrato, egli non si è fermato davanti a questo ostacolo. Le sue imprese, Spazio 85 srl e Mangia Semplice srl, sono pertanto imprese inquinate da capitali illeciti che hanno operato nel mercato locale in palese concorrenza sleale con l’imprenditoria sana».

I fondi usati per Lamborghini e Rolex

Tra le altre accuse a Mohamed, c’è quella di essersi «finanziato con fondi privati, ma garantiti dallo Stato, dando luogo a una macroscopica malversazione a danni di privati, acquistando auto e orologi». In questo caso avrebbe usato più di 200mila euro (su un finanziamento di 300mila) «per spese di tipo strettamente personale» ma giustificate come «pagamento fornitori». Tra i tanti movimenti ricostruiti dai finanzieri ci sono i 60mila euro per il leasing di una Lamborghini Urus intestata a Spazio 85 ma impiegata come veicolo personale dall’imprenditore di Crotone. E poi 35mila euro «per l’acquisto di orologi di lusso Rolex» e vari trasferimenti di somme dal conto aziendale a conti personali.

Il tentativo di sequestro di persona

All’uomo viene anche contestato un tentativo di sequestro di persona aggravato dal metodo mafioso: avrebbe privato una persona della libertà personale «condizionandone il rilascio al pagamento dell’obbligazione contratta con una concessionaria tedesca» di proprietà di due italiani. Un’azione compiuta in concorso con un uomo, Giuseppe L., che avrebbe «trascorsi nella criminalità organizzata».  

L’elenco dei beni sequestrati

33,3% dell’impresa Gioka srl;
100% dell’impresa Mangia Semplice srl;
100% dell’impresa Spazio 85 srl: un sushi bar, un’attività di ristorazione, una Lamborghini Urus, una Porsche Macan, un motociclo Honda, una Porsche 911;
100% dell’impresa Sforno srl;
99% dell’impresa Crudo srl