Oggi presso il Tribunale di Palmi si terrà una nuova udienza per il processo a carico di Agostino Pantano, il giornalista che con le sue inchieste nel 2010 aveva raccontato le motivazioni dello scioglimento per mafia del Consiglio Comunale di Palmi. Un processo assurdo con una accusa altrettanto assurda ed insopportabile: ricettazione di notizie. Un bavaglio che ha il sapore di una censura fascista contro cui, in questo ultimo anno si sono scagliati più volte i vertici della Fnsi insieme ad un movimento di opinione che a livello nazionale sta esprimendo solidarietà al cronista calabrese. Pantano rischia otto anni di carcere per avere reso un servizio all'informazione ed alla lotta alla mafia. Ma lui affronterà la giornata di oggi a testa alta con la fermezza di chi ha svolto il proprio mestiere con coerenza e rettitudine. Ecco cosa ci ha dichiarato a poche ore dall'udienza.


"Sono stati 20 mesi di una mobilitazione collettiva che mi lascia la consapevolezza che questo processo è un punto di non ritorno qualunque sia la sentenza. Era difficile spiegare che noi giornalisti non ci sentiamo una casta immune da critiche o da controlli dell'autorità giudiziaria, soltanto vorremmo che si prendesse atto che la nostra attività professionale - regolata da norme che attuano l'articolo 21 della costituzione e da tutte quelle che rendono un fatto concreto il sistema democratico - non può essere bersaglio di un accanimento giudiziario e di un capo di imputazione francamente aleatorio. Questo significa danneggiare la credibilità del cronista e il suo rapporto con le fonti, esporlo ai dubbi dell'opinione pubblica in maniera pretestuosa e costringerlo ad un fardello emotivo che si affronta solo se c'è la percezione, come io ho avuto, che tanti colleghi e il sindacato non abbandonano il campo. Ecco, a me è capitata una storia paradigmatica di una certa deriva giudiziaria che in Italia sta diventando molto frequente e posso dire che ciò è stato compreso. Attendo dunque l'esito del processo confermando ciò che da sempre penso, ovvero che questo secondo processo non si doveva proprio tenere e poteva essere evitato con un approccio diverso della Procura, comprensivo cioè dell'attenzione ai tempi che io ho prestato e a cui eticamente ero tenuto, scrivendo piu di un anno dopo dallo scioglimento".

 

Ad Agostino Pantano la solidarietà dovuta di chi scrive nella speranza che la giustizia italiana faccia il proprio corso altrimenti sarebbe veramente difficile per tutti credere che abbia un senso la lotta per la legalità in questo Paese.

 

Sonia Rocca