Una vita completamente stravolta da un gravissimo incidente stradale. Una quotidianità difficile da riscrivere alla luce delle cicatrici e dei traumi subiti. L’ex cuoco Filippo Pietropaolo, 61enne di Sciconi, frazione di Briatico (Vibo Valentia), a seguito di un drammatico sinistro in località Colamaio a Pizzo, in un attimo ha perso tutto. L’incidente si verificò intorno alle 6.30 del 30 settembre 2015, mentre si recava a lavoro, e costò la vita alla cognata, in auto con l’uomo che ai tempi prestava servizio nelle cucine di una caserma del Lametino. Un sorpasso, qualcosa va storto, e poi l’impatto tremendo.

A distanza di 7 anni, la moglie Lina tenta di fare di tutto per far vivere all’uomo una esistenza dignitosa. Non solo, a Roma la donna porta avanti una battaglia con l’Inail per il riconoscimento della invalidità: «In un primo momento ci hanno risposto che mio marito poteva ritornare al lavoro. Una follia. A causa dell’incidente è come un bambino, non è autonomo, deve essere costantemente tenuto sotto controllo. In più a volte riconosce il viso di noi familiari, altre volte no. Pronuncia frasi sconnesse e ha bisogno di assistenza». In un secondo procedimento, l’Istituto «ha insistito dicendo che la colpa del sinistro è stata sua e anche che non doveva percorrere quella strada secondaria. Eppure mio marito ha già pagato per quanto successo».

Attualmente il signor Filippo - che ha dovuto fare i conti con traumi cranici, un aneurisma e con il diabete - percepisce la pensione di inabilità e di invalidità (con accompagno) erogate dall’Inps: «Tra medicinali, pannoloni e assistenza, i soldi vanno via come niente. Vorrei poter affrontare di nuovo l’argomento con l’Inail in Cassazione ma servono cifre che non possediamo. Rivolgermi ad un giornale è l’ultima spiaggia affinchè qualcuno ci dia una mano. Sono pronta a dimostrare, carte in mano, lo stato di salute di mio marito e tutto l’iter che ci accompagna da quel bruttissimo giorno. In un primo momento non ho avuto una buona capacità di gestione, non sapevo come fare. Spero che qualcuno, leggendo, risponda al nostro appello».