La Corte di Assise di Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza di condanna a trent’anni di reclusione nei confronti Davide Veneziano, 27 anni di Catanzaro, responsabile dell’omicidio di Antonia Critelli, avvenuto in Catanzaro il 23 marzo 2009.

 

La donna venne ritrovata cadavere nella propria abitazione, nel quartiere Pontepiccolo di Catanzaro. Si trattò all’evidenza di una rapina con morte della vittima. Per lungo tempo le indagini proseguirono senza esito. Dopo l’isolamento del DNA rinvenuto sul luogo del delitto, gli investigatori riuscirono a individuare i responsabili che vennero tratti in arresto. Insieme al Veneziano anche Silvano Passalacqua (in seguito deceduto) all’epoca di quarant’anni, vennero tratti a giudizio per rispondere

(Antonia Critelli)

di rapina pluriaggravata ed omicidio pluriaggravato in concorso.

 

I due imputati, scelsero di essere giudicati con il rito abbreviato ed il Gup di Catanzaro, Giuseppe Perri, accogliendo le richieste del Pm Fabiana Rapino e delle parti civili, Pietro Tassone, difeso dall’avvocato Nunzio Raimondi, e Domenico Tassone, difeso dall’avvocato Fabrizio Costarella, li condannò a trent’anni di reclusione.


Dopo una lunga camera di consiglio la Corte ha confermato la sentenza di condanna anche in grado di appello a trent’anni di reclusione, condannando l’appellante al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili costituite ed alle ulteriori spese processuali.

 

Al termine del processo, il figlio della vittima, Pietro Tassone, che è stato presente in tutte le udienze del processo di primo e di secondo grado, visibilmente commosso, ha affermato che “non cesserà mai di onorare la memoria della propria madre chiedendo giustizia per il gravissimo fatto di sangue nel quale la stessa è rimasta coinvolta”.

 

L’avvocato Nunzio Raimondi, dal canto suo, ha commentato così, la sentenza di secondo grado: “Non gioisco mai per una condanna, ma penso che in questo caso l’efferatezza dell’omicidio e la gravità della condotta posta in essere dall’imputato, non potesse essere retribuita che con una pena esemplare, come in effetti è avvenuto”.