L'avvocatessa 43enne Maria Immacolata Marrazzo si trovava nel canyon del Pollino insieme al marito e ai figli, che sono riusciti a salvarsi. I funerali sono stati posticipati proprio per attendere le dimissioni dei familiari ancora in ospedale
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Si sono tenuti a Torre del Greco, nella Basilica di Santa Croce, i funerali di Maria Immacolata Marrazzo, la 43enne rimasta uccisa in Calabria nella strage del Raganello, dove era in vacanza con la famiglia. Sopravvissuti alla strage il marito della donna, Giovanni, e i figli di 12 e 10 anni. A celebrare il rito funebre Don Giosuè Lombardo, che aveva sposato la coppia 12 anni fa.
Il fratello:«Andiamo avanti per i bambini»
«Questa tragedia ci ha messo, ci mette e ci metterà alla prova, sempre». È contenuto in una lettera, letta sull'altare della basilica di Santa Croce a Torre del Greco, a Napoli, l'ultimo saluto del fratello Gennaro a Maria Immacolata Marrazzo. «Ai miei genitori e a Giovanni (Sarnataro, il cognato) - ha aggiunto Gennaro Marrazzo - chiedo di trovare tutta la forza possibile per sostenere i bambini».
Ha ricordato invece la passione di Imma il presidente dell'Ordine degli avvocati di Torre Annunziata, Gennaro Torrese, che ha sottolineato come «Imma avesse a cuore la famiglia e al diritto alla famiglia si fosse dedicata» aggiungendo che «se si fossero rispettate le regole, con un'allerta meteo in vigore, impedendo l'accesso degli escursionisti nelle gole del Pollino, noi oggi non saremmo stati qui. Bisogna accertare le responsabilità affinché non si pianga più in futuro per tragedie simili».
La lettera del Cardinale Sepe
«Non bisogna aspettare eventi luttuosi per affrontare questioni annose o recenti, ignorate o dimenticate, per trovare risorse finanziarie, per realizzare le cose necessarie. La prevenzione è un obbligo, un dovere civico e morale». Così il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, in un messaggio alla famiglia di Maria Immacolata Marrazzo. «Quando non si muore per malattia o per il consumarsi naturale dell'organismo - ha aggiunto il cardinale Sepe nella sua lettera - si muore sempre per violenza, che non è soltanto quella che si accompagna all'uso delle armi, perché è violenza anche quella dei cosiddetti colletti bianchi, quella di chi ha omesso di svolgere compiutamente e diligentemente il suo ruolo».
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