VIDEO | Le motivazioni della sentenza con rito ordinario sviscerano gli affari degli Iannazzo-Canizzaro-Daponte e la posizione dell’ex direttore generale Giuseppe Perri (ASCOLTA L'AUDIO)
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Lo scorso settembre la magistratura si era espressa nel rito abbreviato con otto condanne. Per il giudice Paola Ciriaco quanto avveniva nell’ambito dell’inchiesta Quinta Bolgia istruita dalla Dda di Catanzaro, era la lotta tra due gruppi societari, entrambi facenti capo alla consorteria mafiosa degli Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, con lo scopo di monopolizzare il “mercato” dei funerali e delle ambulanze.
A distanza di qualche mese nelle motivazioni emergono nuovi e più approfonditi elementi a spiegare quel vero e proprio scossone giudiziario che ha portato come conseguenza all’immediato scioglimento dell’Azienda Sanitaria di Catanzaro. «Intimidendo sia i dipendenti ospedalieri che i dipendenti delle imprese – scrive il gup – i due sottogruppi di ndrangheta Putrino e Rocca hanno attuato quella forma di concorrenza sleale “impeditiva” dell’altrui concorrenza con violenza o minaccia, anche implicita, in virtù della caratura criminale dei propri dipendenti, idonea a falsare il mercato delle onoranze funebri assistenza sanitaria derivante dall'indotto dell’ospedale e di Lamezia, principale fonte di reddito per tale settore, dalla quale scaturiscono ingenti profitti economici».
Il giudice parla ancora di «di registrati tentativi, riusciti e non, di avvicinamento dei vertici dell’Asp in vista di ipotizzati accordi dall’oggetto on meglio individuato», senza che emergesse lo scopo esatto.
Nelle novanta pagine di motivazioni particolare spazio viene dato alla figura dell’allora direttore generale Giuseppe Perri condannato a otto mesi per abuso d’ufficio. Nel caso delle proroghe del servizio, secondo il magistrato il df si sarebbe astenuto dal porre in essere gli atti necessari a far cessare la situazione di illegittimità in corso. D’altro canto le intercettazioni agli atti dimostrerebbero che i Putrino erano certi di potersi fidare di Perri il quale non sarebbe intervenuto a interrompere l’allora modus operandi chiedendo, ad esempio, un avviso pubblico. È però da escludere, sottolinea il gup, che Perri abbia agito per favorire i clan lametini.
Sulla figura del direttore amministrativo Giuseppe Pugliese, invece, il magistrato spiega che «non è configurabile il reato di peculato nell’uso episodico ed occasionale di un’autovettura di servizio, quando la condotta non abbia leso la funzionalità della pubblica amministrazione e non abbia causato un danno patrimoniale apprezzabile».