Lande desolate” non è solo l’inchiesta che segna il capolinea della legislatura regionale sotto la presidenza di Mario Oliverio. È molto di più. È l’indagine che consente a Nicola Gratteri e al suo pool di mettere a nudo in maniera tanto cruda quanto provata i vizietti di una burocrazia calabrese corrotta o corruttibile, che la politica sostiene pubblicamente di voler combattere, salvo poi servirsene in maniera spregiudicata.


“Lande desolate” è una sorta di paradigma. Anzi, è il punto più alto raggiunto da una serie di indagini che hanno svelato il ventre molle della pubblica amministrazione e dei palazzi calabresi, nei quali, sembra ormai assodato, “così fan tutti” o quasi.
Quante altre Scalea e Lorica esistono in Calabria? Quante altre volte la politica – che in “Lande desolate” si chiama Oliverio (indagato) o Adamo, Bruno Bossio e Occhiuto (non indagati) – hanno condizionato l’erogazione di un finanziamento o addirittura la consegna di un’opera (e nella regione delle eterne incompiute è tutto dire) per motivi di carattere politico-elettoralistico?


La ricreazione è finita. Ripete Nicola Gratteri. Una sorta di mantra, un invito a capire, reiterato, ad una classe dirigente – quindi politici e burocrati – che troppo spesso pensa esclusivamente alla conservazione del potere e del proprio tornaconto. Una classe dirigente, di sinistra e di destra, che ha inquinato tutto in una terra dove esiste sì un altro grande male, la ‘ndrangheta, che troppo a lungo è però divenuto un facile alibi.


Domani  il presidente Oliverio sarà davanti al gip Pietro Carè per l’interrogatorio di garanzia finito al soggiorno obbligato nella sua San Giovanni in Fiore. Sarà accompagnato dal suo legale di fiducia, l’avvocato Enzo Belvedere, che si prepara già per il ricorso al Tribunale del Riesame.


Al di là dei profili penali, quest’inchiesta, però, una sentenza di carattere etico su certi comportamenti nella gestione della cosa pubblica l’ha già scritta.

 

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