Dichiarazioni fiume del collaboratore di giustizia, incalzato dalle domande del pubblico ministero antimafia Vito Valerio, il quale si è soffermato anche sulla posizione dell’assessore comunale di Cosenza Francesco De Cicco
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Il collaboratore di giustizia Francesco Greco, sentito come testimone e imputato di reato connesso nell'aula bunker di Castrovillari, ha fornito una testimonianza corposa e dettagliata nel corso del processo "Reset", rivelando le dinamiche criminali che intrecciano traffico di droga, estorsioni e usura nella provincia di Cosenza. Greco ha descritto il ruolo cruciale di figure di spicco come Roberto Porcaro e Francesco Patitucci, fornendo nomi, episodi e modus operandi della rete illecita.
Traffico di droga e rapporti con Porcaro
«Ho conosciuto Francesco Patitucci nel 2016», ha dichiarato Greco, spiegando come il traffico di cocaina fosse una delle attività principali del gruppo. Su mandato di Giuseppe De Cicco, parente di Patitucci, Greco avrebbe consegnato soldi in contanti a Roberto Porcaro per finanziare le operazioni di spaccio. «La droga era destinata alla piazza di spaccio», ha precisato.
Estorsioni mirate e atti intimidatori
Tra le rivelazioni più significative, Greco ha descritto i metodi usati per estorcere denaro: «Dicevo alle vittime: "I boss vi mandano un abbraccio", per fargli capire che dovevano pagare». Se ciò non bastava, il gruppo ricorreva agli incendi. «Posizionavo bottigliette incendiarie, e se necessario incendiavamo anche le auto. La benzina la prendevamo nel garage di Porcaro».
Le vittime di estorsioni non erano scelte a caso, ma individuate con precisione: imprenditori e commercianti che, come sottolineato da Greco, «sanno già a chi rivolgersi sul territorio». Tra i bersagli vi sono stati un bar e una nota gelateria tra Cosenza e Rende, costretta a versare 3.000 euro nel 2017. Le estorsioni più grandi erano spesso condivise con «il gruppo degli zingari», riferimenti noti come i "Banana", ovvero la famiglia Abbruzzese di via Popilia.
Episodi di violenza
Greco ha confessato la propria partecipazione a diversi pestaggi: «Nel 2016 picchiai con un bastone un pastore di San Lucido insieme ad Antonio Basile. Era una cortesia ai fratelli Pietro e Pino Calabria, che gestivano il territorio da San Lucido fino a Torremezzo». Un altro episodio risale al 2018, quando, in collaborazione con Ivan Barone, aggredì un commerciante alla Fiera di San Giuseppe.
Usura e minacce
Le attività di usura erano una fonte costante di entrate per il gruppo. Greco ha raccontato di aver gestito somme di denaro per conto di Porcaro, minacciando le vittime in caso di mancato pagamento. «Nel caso di Rosina Pulice, che aveva un debito per coprire i problemi del figlio, le dissi che qualcuno si sarebbe potuto arrabbiare». I tassi d’interesse imposti raggiungevano il 10%. Anche lo stesso Greco ha rivelato di essere stato vittima di usura da parte di Porcaro.
Armi ed esplosivi
Un capitolo particolarmente inquietante della testimonianza riguarda la gestione di armi ed esplosivi. «Tra il 2011 e il 2014 ho custodito armi di Francesco Patitucci in un magazzino vicino a casa mia. Nel 2016 consegnai due kalashnikov ai fratelli Calabria e a un uomo di Bisignano». Inoltre, Greco ha raccontato di aver recuperato esplosivo per Porcaro a Santa Sofia d'Epiro.
Intrighi interni e decisioni di morte
Greco ha rivelato anche tensioni interne al sodalizio criminale. Nel 2019, alcuni membri del gruppo avevano deciso di eliminare Porcaro: «Piromallo, Ariello, Illuminato e D’Elia erano stanchi di lui. Proprio D'Elia mi chiese di prendere un appuntamento con Porcaro per tendergli un'imboscata». Tuttavia, l’esecuzione non ebbe luogo.
I fratelli Caputo, cugini di Francesco Greco
Il pentito Francesco Greco ha parlato anche della società XXL di Giuseppe Caputo, il quale «mi chiedeva di far intervenire Porcaro per la festa dell'Oktoberfest. Mio cugino prese il lavoro e 5mila euro finirono a Porcaro, io feci da intermediario con l'organizzatore dell'evento. Giuseppe Caputo - ha aggiunto - voleva il monopolio di tutta la security della Calabria», ma ha specificato che sia Giuseppe che Carmine erano sotto usura da Porcaro. E ancora: «Carmine era a disposizione del gruppo per quanto riguarda i pestaggi, si occupava anche di usura e finanche di una tentata estorsione ai danni di un noto imprenditore di Cosenza che ha diversi pub in città, per conto di Patitucci e Porcaro».
«Ho conosciuto personalmente Silvia Guido alla quale consegnai soldi e droga, quando Porcaro era detenuto a Palermo, nel carcere di Pagliarelli. Erano soldi di usura e spaccio», ha chiarito Francesco Greco.
Rapporti con figure istituzionali
Greco ha fatto anche riferimento a contatti con personaggi influenti, tra cui l’assessore comunale di Cosenza Francesco De Cicco, descritto come «amico intimo di Mario Piromallo e Roberto Porcaro». «Nel 2017, su ordine di Porcaro, chiesi a De Cicco 2.500 euro per dare una mano. Sempre Porcaro mi disse che aveva un debito di 100.000 euro con il gruppo».
No al "battesimo" di 'ndrangheta
La decisione di Greco di collaborare con la giustizia sarebbe scaturita da episodi specifici, come le estorsioni subite dalla signora Pulice, che avrebbero messo in discussione la sua lealtà al gruppo. Poi ha ammesso di non essere mai stato formalmente "battezzato" dalla ‘ndrangheta e di aver rifiutato una dote offertagli da Alberto Superbo, con cui ha trascorso un periodo di detenzione a Terni dopo il blitz "Reset".
Gli altri imputati
Il pm Vito Valerio ha posto domande anche su altri imputati di Reset: «Andrea Mazzei, il commercialista, è vicino al gruppo Porcaro, si occupa di prestiti e fatture. Percepisce il 5% delle somme erogate. Aiutò tante persone vicino al gruppo che volevano aprire un negozio di parrucchiere per donne e un ristorante». Mentre su Sergio Raimondo ha detto: «È vicino ad Alfonsino Falbo, lo conoscevo da prima, da quando facevamo le scuole medie insieme, ma con lui non ho avuto nulla a che fare».
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