Al centro della nuova udienza dibattimentale la posizione del noto consulente finanziario cosentino e dell’imprenditore Mario Gervasi. Ecco il resoconto
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L'aula bunker di Castrovillari
A Castrovillari è ripreso il processo Reset, il maxi procedimento penale contro la 'ndrangheta di Cosenza. Nell'aula bunker della città del Pollino, finalmente riscaldata, sono stati sentiti diversi testimoni citati dalle difese. A comparire davanti al collegio giudicante presieduto dal presidente Carmen Ciarcia (giudici a latere Urania Granata e Iole Vigna), otto persone, tra cui il "reggente" del clan degli zingari di Cosenza, Luigi Abbruzzese.
La seduta dibattimentale è stata caratterizzata perlopiù per le testimonianze in favore del consulente finanziario Andrea Mazzei, accusato di aver favorito la 'ndrangheta di Cosenza mediante il rapporto d'amicizia intercorso con Roberto Porcaro, all'epoca dei fatti al vertice della cosca degli italiani, per via della detenzione del boss Francesco Patitucci.
Processo Reset, prima testimonianza
Il primo ad essere interrogato dall'avvocato Sergio Rotundo è stato un ragazzo originario di Cosenza. «Conosco Andrea Mazzei perché volevo accedere a "Resto al Sud". Era mia intenzione aprire un'attività, nel campo della ristorazione ma il finanziamento non andò a buon fine, in quanto la documentazione era incompleta. In seguito ho aperto un autolavaggio con le mie forze economiche». Il legale ha introdotto l'argomento Giuseppe Zaffonte, collaboratore di giustizia. «Zaffonte non mi ha mai parlato del dottore Mazzei. Probabilmente sono stato io a dire a Zaffonte che c'era la possibilità di fare questo tipo di pratica. Nessuno mi ha mai detto che Mazzei facesse parte della criminalità organizzata cosentina», ha concluso.
Il secondo testimone
Un altro testimone ha spiegato la conoscenza con Mazzei: «Io mi occupo di infissi, si tratta di un'attività che ho aperto nel 2014, allorquando mi sono recato da Mazzei, che conoscevo come consulente finanziario, per svolgere la pratica di finanziamento. Conosco anche Roberto Porcaro, con mio fratello giocavano a calcio, lo conosco da quando era piccolo e per un periodo ha lavorato con me. Tuttavia, non ho assistito ad incontri tra Porcaro e Mazzei né li ho mai visti appartarsi da qualche parte. Per quanto riguarda la pratica di "Resto al Sud", gli ispettori di Invitalia sono venuti diverse volte a fare controlli, per capire se l'azienda fosse ancora in piedi. I controlli avvenivano sia prima che dopo l'avvio dell'attività.
I rapporti tra Mazzei, Sirangelo e Morrone
Terzo testimone di giornata un dipendente di un centro stampa locale. «Ho conosciuto Andrea Mazzei per amicizie comuni, parliamo di dieci anni fa. Dal 2017 ho iniziato a lavorare per lui, svolgevo questioni di segreteria. Mario Sirangelo era un amico e partner dello studio, in quanto aveva un'azienda di movimentazione terra. In quegli anni si parlava anche di una vendita di un appartamento». Il teste ha ricordato pure il caso della vendita di un'auto, già emerso in un'altra udienza dibattimentale. «Filippo Morrone era una persona molto vicina al dottor Mazzei, il quale era interessato a rilevare un lido sulla costa tirrenica. Riguardo al veicolo che Morrone e gli altri volevano comprare, Mazzei non voleva che la società di Morrone accumulasse debiti», ha detto in aula.
Quarta testimonianza
Nell'aula bunker anche un imprenditore operante nel settore della pubblicità e del marketing. «Conosco Andrea Mazzei dal 2010, è stata una conoscenza prima conoscenza lavorativa e poi amicale. All'epoca mi occupavo di pubblicità e marketing. Non ho mai visto Mazzei al fianco di persone gravitanti in ambienti malavitosi. Ricordo che in un determinato periodo io e Mazzei aiutammo Sirangelo, amico del dottore, che versava in difficoltà economiche», ha dichiarato.
Processo Reset, da Mazzei a Porcaro
Quinto teste in aula, un dipendente dello studio di Andrea Mazzei, legato a quest'ultimo da stretti rapporti di parentela. «Ho lavorato per lui dal 2017 al 2022», ha sottolineato il testimone rispondendo alla domanda dell'avvocato Michele Franzese. «In cinque anni lo studio in cui lavoravo ha svolto almeno mille pratiche, ovvero aveva circa mille clienti e non ho mai visto persone legate alla criminalità avvicinarsi ad Andrea Mazzei», ha aggiunto.
Riguardo alla pratica del "Settimo Cafè", il teste ha detto che c'erano «quattro proponenti per un totale di 200mila euro. L'esito delle ispezioni? Sono andate tutte bene». Poi ha illustrato le procedure. «Per ogni pratica, lo studio prendeva un'istruttoria iniziale calcolata al tipo di progetto che andavamo a redigere. Poi una percentuale sull'intero finanziamento nel momento dell'ammissione del progetto. Una media di 5mila euro a pratica. Le nostre sedi? Cosenza, Napoli, Roma, Brescia, Bari e Palermo. Non mi ha mai riferito che dovesse pagare somme non dovute ad altri soggetti né ho mai visto Porcaro entrare nello studio di Mazzei».
Dichiarazioni spontanee
Andrea Mazzei subito dopo ha reso dichiarazioni spontanee: «Io non sono un commercialista, mi occupo di progettazione. La maggior parte delle aziende che seguo sono delle start-up. Alcuni soggetti che iniziano queste attività non hanno uno storico e quindi si pone un problema sulla solvibilità dell'azienda, la quale deve prendere impegni con i fornitori visto che nel 90% dei casi non fanno forniture. Serviva dunque un lavoro sinergico tra imprese ed infatti sul sito dello mio studio ci sono info anche in tal senso. Infine, qualcosa di edilizia la mastico, visto che la mia famiglia da 20 anni ha una società di costruzioni».
Breve testimonianza di Luigi Abbruzzese
Poi è stata la volta di Luigi Abbruzzese, sentito per la posizione di Massimiliano Lo Polito assistito dall'avvocato Angelo Pugliese. «Sono imputato nel processo Reset, dove ho scelto il rito abbreviato. Mi sono assunto le mie responsabilità rispetto ai reati contestati. Massimiliano Lo Polito? Di nome non mi viene nulla, se lo vedo di persona forse lo conosco. Forse sarà capitato di avergli ceduto qualche dose di sostanza stupefacente» ha detto "Pikachu".
La posizione di Mario Gervasi
In chiusura di udienza, sono stati escussi due commercialisti cosentini, relativamente alla posizione di Mario Gervasi, difeso dall'avvocato Cesare Badolato. «Conosco Mario Gervasi dal 1996, era studente di ragioneria a Cosenza, io insegnavo e lui era uno dei miei alunni», ha detto Funari. «Conoscevo anche la famiglia che era cliente di studio. Avevano un negozio ortofrutticolo».
Il commercialista ha poi descritto lo sviluppo imprenditoriale dell'imputato, ricordando che nel 2008 Gervasi fu vittima di un atto vandalico. «La videoteca andò distrutta». Poi arrivò il risarcimento per i danni subiti. «Con quella somma aprì una società di noleggio di macchinette e giochi elettronici in società con Daniele Chiaradia». E ancora: «Posso dire che i redditi di Gervasi sono stati sempre importanti. Sviluppo Italia, ricordo a me stesso, eroga a soggetti che sono trasparenti». Infine, Funari ha detto di non aver mai conosciuto Mario "Renato" Piromallo.
A seguire, la collega Crupi: «Conosco Mario Gervasi dal 2011» ha dichiarato la commercialista, la quale ha riepilogato i redditi dichiarati durante la fase di recesso dalla società con Chiaradia. «A marzo 2014 non era più socio di questa società. I motivi della separazione? Gervasi disconosceva alcune vicende giudiziarie di Chiaradia, il che comportava problemi alla società. Come definire Gervasi? Un imprenditore lineare, ordinato».