L’ex parlamentare e consigliere regionale commenta la sentenza del Tribunale di Salerno: «Pronuncia condizionata dal processo in rito abbreviato e lontana dalla verità processuale»
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Riceviamo e pubblichiamo la dichiarazione di Pino Tursi Prato, ex parlamentare e consigliere regionale imputato nel processo Genesi, condannato nei giorni scorsi a 4 anni e 6 mesi dal Tribunale di Salerno.
Esprimere un pensiero compiuto su una sentenza che ti riguarda è sempre considerato “lesa maestà”. Ci proviamo ad essere custodi del principio che “le sentenze vanno rispettate” ma si possono commentare.
Nel nostro paese esiste il principio di garanzia, e le norme sono state fatte per consentire all’imputato di potere scegliere il percorso del giudizio quando viene chiamato a scegliere tra il rito ordinario o l’abbreviato. Entrambi sono regolati da procedure di legge, nel rispetto del principio del giusto processo.
La Corte costituzionale, ha sempre ribadito la piena autonomia, senza che l’uno sovrapponga l’altro, ad eccezione se nell’abbreviato l’imputato che ha scelto il rito ordinario viene sentito e interrogato per difendersi o per confrontarsi rispetto ad eventuali accuse. Questo per maggiore chiarezza, per la ricerca della verità, “verità processuale”.
Nel caso di specie si è cercato di utilizzare la sentenza dell’abbreviato su quella del rito ordinario, venendo meno al principio che dal sistema processuale ordinario, dove si forma la prova, deve uscire la decisione e la sentenza. Se no diversamente si rende vano l’operato della giustizia e dei vari soggetti chiamati e sentiti nelle varie udienze. Da tutto ciò che si può arrivare a stabilire la formulazione della prova processuale.
Nel processo ordinario, denominato “Genesi”, durato più di quattro anni e mezzo, si sono sentiti testimoni dell’accusa e della difesa. Più di cento persone. Le quali sono state convocate a Salerno, hanno dovuto fare la dichiarazione di rito “giurando di dire la verità”. Formula che di per sé rende la testimonianza forte e credibile. È nel processo ordinario che si forma la prova e si cristallizza la verità processuale. È nel giusto processo che la Corte deve esprimere una sentenza come risultato di un dibattimento vincolante e obiettivo. Nel caso specifico siamo in presenza di una sentenza condizionata dall’abbreviato e lontana dalla verità processuale. I testimoni hanno sconfessato l’accusa. Le intercettazioni sono state dichiarate non utilizzabili. La Procura di Salerno ha chiesto e ottenuto da Gip l’archiviazione di più di 13 capi di imputazione. Non si era costituita la parte civile. Aspettiamo il deposito delle motivazioni e faremo ricorso in appello. Troppi dubbi, i cittadini attenti sanno valutare.
Il responsabile della ipotetica corruzione, il giudice Marco Petrini, ha una condanna di durata inferiore alla mia. Mai conosciuto e incontrato. La giustizia in Italia ancora una volta segna il passo e lascia esterrefatti gli innocenti veri.