Dopo la partecipazione a Dentro la notizia di Pietro Ciucci amministratore delegato della società Ponte sullo Stretto ed ex amministratore delegato Anas, il nostro direttore Franco Laratta ha sentito il prof Domenico Marino docente di Politica Economica all'Università Mediterranea di Reggio Calabria, che ha una vasta esperienza nel campo delle scienze economiche ed ambientali, autore di studi, ricerche e libri sul Ponte dello Stretto. Ecco la sua intervista.

Sentiamo cosa ne pensa dell’intervista a Ciucci.
«L’intervista del dott. Ciucci, trasmessa ieri su LaC News24, mi ha deluso! Si è trascinata stancamente per una mezz’ora senza toccare e analizzare in dettaglio nessuno dei più importanti punti controversi. Ha sostanzialmente toccato solo i tre seguenti aspetti, con una chiosa iniziale sulla non vetustà del progetto: la vinca con parere negativo da parte della Commissione Via; il rischio sismico; le infiltrazioni mafiose».

Vale la pena fare un po’ di fast checking, ovvero una verifica attenta e puntuale. Partiamo dal progetto.
«Sulla vetustà del progetto parlano i numeri (che sono per natura ostinati), infatti più dell’80% delle tavole presentate per la Via sono del 2011 e questo la dice lunga sull’entità dell’aggiornamento. Sulla Vinca (Valutazione d'incidenza ambientale) negativa, il dottor Ciucci ha correttamente spiegato lo stato dell’arte, ma ha omesso di dire che se nell’area interessata dal progetto/attività sono presenti habitat o specie “prioritari”, l’art. 6 par. 4 stabilisce della Direttiva Habitat dice che l’intervento può essere giustificato solo previo parere della Commissione Europea e che, senza tale parere, il progetto non può procedere legittimamente. Questo fatto sembrerebbe rallentare di molto l’iter del progetto!»

Andiamo al rischio sismico.
«Sul rischio sismico Ciucci si è avventurato in citazioni di geologia, fisica, e ingegneria, aggiungendo che avrebbe bisogno di tempo e di spazio per spiegare. Ma al di là di nomi altisonanti, tipo “sismogenesi”, che a sua dire pochi riuscirebbero a capire, non ha spiegato granché, chiedendo sostanzialmente una cieca fiducia nelle sue parole e nelle sue convinzioni sul fatto che il rischio sismico non esista. Io, purtroppo, per cultura e formazione appartengo a coloro che quei termini li capisce e li conosce e, posso affermare in scienza, che dei dubbi sugli aspetti sismici legati alla costruzione del Ponte sono legittimi e fondati».

Proviamo ad andare nello specifico.
«Certo. Non vi è, intanto, un consenso unanime fra gli studiosi in relazione a questi aspetti e sicuramente non si può in poche righe tentare di dirimere questa questione. Ma, il mio ragionamento è più semplice e va oltre i termini del dibattito scientifico. Il principio di precauzione è un principio generale che dovrebbe guidare le Scelte Pubbliche. Se, quindi, esiste un dubbio, anche piccolo, che il Ponte sia soggetto ad un rischio sismico, non sarebbe il caso di soprassedere o di prevedere ipotesi progettuali differenti? E ancora, indipendentemente dal fatto che la faglia di Cannitello, sia o non sia sismogenetica, sia o non sia attiva, proprio su una faglia andava progettato il pilone principale?»

Andiamo alle infiltrazioni mafiose.
«Sul punto delle infiltrazioni mafiose, non aggiungono nulla al tema principale della realizzabilità e della convenienza economica dell’infrastruttura. È sicuramente un’opera, quella del Ponte, che fa gola alla criminalità organizzata, soprattutto per l’ingente movimento terra che prevede, ma quello delle infiltrazioni mafiose è un problema secondario alla fattibilità e all’impatto economico e ambientale dell’infrastruttura. Come mai, invece che delle infiltrazioni mafiose, il dottor Ciucci non ci ha parlato dei 6 siti di stoccaggio temporaneo delle rocce di scavo (in termini meno tecnici e meno gentili “discariche”) che dovranno essere realizzati nelle province di Reggio Calabria e Messina e non ci ha messo a conoscenza di quali siano i comuni interessati?»

Tocchiamo l’importante questione delle analisi Costi Benefici.
«In relazione all’analisi Costi Benefici, a cui, chissà perché, in mezz’ora di trasmissione non si è mai pensato di fare il minimo cenno, non ha provato ad analizzarla e a spiegarla, partendo, non dalle ipotesi degli ambientalisti, ma proprio dal documento presentato dalla Società Stretto di Messina per la Via».

Allora professore provi lei a fare opera di supplenza in questo senso. 
«Il documento ACB, che ipotizza la convenienza economica della costruzione del Ponte individua tre principali fonti di benefici: la riduzione di Emissioni di CO2; il beneficio connesso con i costi di attraversamento; l’esclusione dai costi di circa 540 milioni di euro dovuto all’utilizzo per la costruzione di disoccupati residenti nelle regioni meridionali».

Questi ragionamenti si rivelano inconsistenti, se sottoposti ad un’analisi approfondita.
«Sul primo punto si invita alla lettura di questo articolo che spiega benissimo la debolezza di quelle ipotesi, argomentando che l’elemento problematico che emerge con prepotenza è la valutazione dei benefici climatici derivanti dalla riduzione delle emissioni di CO2, stimata in 10,6 miliardi di euro».

Perché è importante questo aspetto?
«Perché questo aspetto risulta essere determinante per giustificare il progetto, nonostante le perplessità sulla metodologia utilizzata per la quantificazione di tali benefici. La stima si basa su un "costo esterno" crescente per la tonnellata di CO2, in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2050. Tuttavia, l'efficienza di questa riduzione appare discutibile se confrontata con i costi attuali per l'abbattimento delle emissioni di CO2 e con la curva dei costi di abbattimento globale, suggerendo che l'approccio adottato possa essere notevolmente inefficace».

In conclusione, professore.
«Sulla valutazione economica del Ponte sullo Stretto pende su un'ipotesi di riduzione delle emissioni che solleva dubbi sulla sua effettiva sostenibilità e convenienza, evidenziando una volta di più le complessità e le sfide legate alla gestione delle grandi opere infrastrutturali in Italia».

Andiamo al secondo punto relativo al confronto del progetto con l’attuale sistema di attraversamento (navi traghetto per il trasporto di automobili, passeggeri e treni).
«È improprio, poiché ignora l’evoluzione delle tecniche di caricamento dei treni sulle navi già sperimentata da RFI per migliorare l’efficienza del sistema “dinamico”, tramite l’applicazione di batterie alle elettromotrici (anteriore e posteriore) dei treni passeggeri di lunga percorrenza e il loro frazionamento in due soli treni, con risparmio immediato di 40’ sull’attuale tempo di attraversamento dei treni passeggeri e, atteso a regime, di 1h su 2h:05’. Di conseguenza il beneficio stimato è enormemente sovrastimato».

In relazione al terzo beneficio presunto?
«Qui si deve in primo luogo evidenziare che il risultato positivo è dovuto semplicemente al fatto che non si considerano ipotesi alternative. Se infatti si valutassero diversi progetti di investimento il beneficio dell’utilizzo di disoccupati varrebbe per entrambi i progetti. Quello che viene spacciato per un beneficio legato al Ponte è in realtà un beneficio legato a qualunque tipo di investimento nelle regioni meridionali. Tuttavia, non si può non evidenziare che, se come previsto nel progetto, dal 2032 verranno dismesse le navi traghetto e gli aliscafi occorrerà reinserire i lavoratori rimasti disoccupati e, pertanto, nella migliore delle ipotesi la nuova occupazione creata dal progetto del Ponte servirà semplicemente a bilanciare il saldo negativo della dismissione dell’attraversamento su navi e aliscafi».

Analizziamo ora i costi sociali relativi al progetto del Ponte.
«Fin qui abbiamo solo messo in evidenza l’estrema debolezza dei benefici addotti, relativi al progetto del Ponte, oltre alla circostanza estremamente grave della mancanza della valutazione delle alternative di progetto. Ma per completare il quadro che mette in evidenza l’estrema insussistenza dell’ACB presentata dalla Stretto di Messina, va specificato che nell’ACB vengono omessi numerosi costi sociali connessi al progetto del Ponte. Il primo aspetto su cui ci soffermiamo è quello degli impatti sul trasporto marittimo dovuto all’altezza del Ponte. Infatti, la prospettiva di costruire il Ponte sullo Stretto di Messina solleva preoccupazioni significative per il porto di Gioia Tauro, che potrebbe vedere ridursi il traffico marittimo di navi portacontainer di un'entità tra l'11% e il 17%. Questa stima dipende dal carico delle navi e varia se navigano a pieno carico o in zavorra. Tuttavia, il calo potrebbe essere anche maggiore, data la complessità delle variabili in gioco».

Una delle principali incognite riguarda l'altezza dell'intradosso del ponte rispetto al livello del mare.
«Si tratta di una misura ancora non definita con precisione, anche se il dato progettuale è di 65 metri, nonostante le assicurazioni che non limiterebbe il passaggio delle navi moderne. La decisione finale sull'altezza consentita delle navi sotto il ponte spetterà alle autorità marittime, che dovranno considerare le variazioni di altezza causate dal carico sul ponte e dal moto ondoso, introducendo potenzialmente restrizioni sul transito delle navi. Le compagnie di navigazione dovranno valutare quali navi far passare attraverso lo Stretto, tenendo conto del rischio di collisione con il ponte dovuto a fattori ambientali come il vento e le onde».

Quindi di conseguenza è probabile che eviteranno di rischiare il passaggio di navi con un'altezza prossima al limite massimo consentito.
«Infatti analizzando i dati relativi al traffico di navi porta container a Gioia Tauro, si evidenzia che una percentuale significativa di queste potrebbe non riuscire a transitare attraverso lo Stretto una volta costruito il ponte, soprattutto se si considera un margine di sicurezza adeguato per tenere conto di fattori ambientali imprevisti. Questo scenario potrebbe avere un impatto sostanziale sul core business del porto, che dipende in larga parte dal traffico delle navi madre per il transhipment. La riduzione di almeno il 17% del traffico container vale per Gioia Tauro. Se ipotizziamo che il valore di un container è di circa 5000 euro, la riduzione del 17% annuo porta a stimare un danno annuo di 2,5 miliardi di euro per il porto di Gioia Tauro, senza considerare che in presenza di una simile barriera alla navigazione le compagnie di transhipment potrebbero prendere in considerazione l’ipotesi di utilizzare porti alternativi all’interno del Mediterraneo, portando alla chiusura di Gioia Tauro».

Ci sono altri costi sociali non valutati?
«Sì. Un secondo costo sociale non valutato è il costo esistenziale legato agli espropri che coinvolge almeno 450 famiglie fra Reggio e Messina. In relazione a questo costo, di difficile stima dal punto di vista esistenziale, non si può non notare che semplicemente pensando dimensione puramente monetaria della perdita di valore immobiliare degli immobili possiamo tranquillamente avere una stima di 100.000.000 di euro».

E questo non è un danno ipotetico.
«Esattamente. Si tratta di un danno che si è già prodotto con la pubblicazione del piano degli espropri».

Andiamo agli altri costi sociali.
«Un terzo costo sociale non valutato sarà il danno che coinvolgerà circa 400.000 abitanti dell’area dello Stretto per la presenza per almeno 8 anni di cantieri altamente impattanti. E cosa dire dei 6 siti di stoccaggio temporaneo delle rocce di scavo (in termini meno tecnici discariche) che dovranno essere realizzati nelle province di Reggio Calabria e Messina. Un quarto costo sociale non valutato è quello ambientale. Si è stati tanto solerti nel tentare di stimare la riduzione di CO2, senza però porsi il problema dell’impatto di questa costruzione sulle aree SIC e ZPS che si trovano su territorio, il problema delle polveri emesse nella fase di cantiere, dell’impatto sulla migrazione degli uccelli, sull’alterazione del moto ondoso in prossimità delle coste, del potenziale dissesto idrogeologico di aree già fragili».

Allora in conclusione di questa sua puntigliosa analisi quale conclusione possiamo trarre?
«La somma di questi impatti negativi, se valutati opportunamente, nella migliore delle ipotesi, azzererebbero completamente i benefici indicati nell’ACB, dimostrando la totale insostenibilità del progetto».

Per finire professore.
«La conclusione la lascio ad una tabella che illustra chiaramente chi sarà che guadagnerà con certezza qualcosa dalla prosecuzione dell’iter progettuale e chi sarà che perderà con certezza qualcosa (e questo non può non far riflettere!)».