REPORTAGE | Vivono per strada. La maggior parte nel ghetto sotto il cavalcavia in strutture arrangiate tra cumuli di rifiuti. Tra di loro i cosiddetti “dublinanti” in attesa di documenti ma anche le persone allontanate dal Cara di Isola Capo Rizzuto per effetto del decreto sicurezza
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La città di Crotone non è sicura. Sta crescendo il numero dei fantasmi che popolano la strada, sono migranti senza diritto ad una seconda accoglienza o addirittura irregolari da quando la legge ha soppresso la protezione umanitaria. Poi ci sono i “dublinanti” insediatisi ormai in altri paesi europei ma costretti a ritornare in Italia, nazione nella quale sono stati identificati, per ottenere i documenti. «Hanno l’impressione di essere inesistenti agli occhi di tutti, in primis delle autorità e poi della gente» ci dice Hassan, portavoce dei ragazzi africani che vivono per strada a Crotone.
La tendopoli della vergogna e l’associazione della speranza
Nel ghetto sotto il cavalcavia, composto da circa 40 baracche, vivono almeno un centinaio di migranti. Strutture arrangiate alla meno peggio tra cumuli di rifiuti, un unico box doccia fatto di tende, materassi dismessi utilizzati a mò di sedute, un angolo per riunirsi la sera dopo le ore di lavoro o la scuola d'italiano. Tentativi disperati di rendere vivibile un luogo spettrale di giorno e inospitale di notte, in un'area di proprietà di Ferrovie dello Stato dove non arriva neppure il servizio urbano di raccolta dell'immondizia. Qui non esistono condizioni igienico sanitarie adeguate, non esiste dignità. In tanti non dovrebbero neppure starci alla tendopoli, rimangono bloccati per mesi a Crotone in attesa di risposte dalla questura in ordine al rilascio o al rinnovo dei documenti. Incontriamo Lamin, per il rinnovo del suo permesso le cose sono cambiate: per ottenere la residenza deve procurarsi un contratto d’affitto ma lui vive in quelle baracche a Crotone da circa 7 mesi proprio per regolarizzare la sua presenza in Italia, lavorava e viveva altrove. Un cane che si morde la coda.
Hassan ci spiega come dall'idea di dar voce ai migranti che vivono per strada sia nata l'associazione " DJIGUIYA" ossia speranza. Speranza di essere ascoltati per velocizzare la burocrazia e trovare soluzioni abitative migliori. «Questa è una vergogna per tutti, è il fallimento di un sistema».
La nuova legge della strada
Un sistema d’accoglienza che appare disarticolato dalla nuova normativa e che sta mettendo in seria difficoltà il comune di Crotone, le associazioni locali e la Chiesa. Don Rino Le Pera, direttore della Caritas diocesana, ci racconta di come adesso chi non soddisfi i requisiti di legge sia messo alla porta dopo la prima accoglienza, garantita nel territorio dal Centro per rifugiati e richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto. «Chi era bisognoso di seconda accoglienza entrava direttamente dal campo agli Sprar. All’indomani dell’applicazione del nuovo decreto questo non è accaduto e quindi alcuni di loro si sono ritrovati in mezzo alla strada nonostante avessero regolare permesso di soggiorno».
Gli abitanti accolgono i migranti espulsi dal Cara
Un corto circuito nell’applicazione della legge si è già verificato a Crotone. Il 30 novembre 24 persone sono allontanate dal Cara tra di loro anche una giovane famiglia con una neonata e una donna incinta di tre mesi. Ufficiosamente la Caritas viene informata e si prende cura di loro. Una sistemazione provvisoria. Poi l’operatrice Manuelita Scigliano e presidente dell’associazione Sabir accoglie la famiglia di migranti, che intanto probabilmente per il periodo di forte stress perde il bambino che aspettava, in una casa di sua proprietà a Caccuri. Lei sa cosa significhi la multiculturalità, ha sposato un cittadino tunisino e anche lei per anni ha vissuto in un paese che non era il suo. «L’accoglienza diffusa è l’unico modo per avere reale integrazione» ci dice.
La buona accoglienza a rischio
Dei 24 migranti buttati fuori dal Cara di Isola 2 mesi fa, esclusa la famiglia che adesso ha una casa grazie alla generosità dalla volontaria di Caccuri, alcuni sono finiti alla tendopoli e altri fortunatamente hanno trovato posto in alcuni Sprar, un'esperienza di accoglienza diffusa che osserviamo da vicino in un appartamento abitato da quattro coinquilini e gestito da Agorà Kroton. Qui vediamo finalmente dei sorrisi. Ma resta la preoccupazione degli operatori sociali come Pino De Lucia, responsabile regionale immigrazione lega coop Calabria, che ci parla del rischio che realtà positive del genere possano sparire a causa del taglio di fondi e delle restrizioni della normativa sugli aventi diritto all’accesso a questi percorsi che favoriscono l’integrazione. Se ciò dovesse accadere chi non potrà contare sulla solidarietà resterà per strada.
Il Cara non chiude ma i fantasmi si moltiplicano
La prefettura rassicura il Comune di Crotone: il Centro di Isola Capo Rizzuto non chiuderà. Il sindaco però continua a battersi per gli emendamenti alla legge di Salvini «Abbiamo dato mandato ad Anci nazionale di riconferire col governo per trovare una soluzione. Noi amministratori degli enti locali abbiamo il problema che nel momento in cui verrà chiuso il centro d’accoglienza o verrà revocata la protezione umanitaria ai migranti, questi non avranno più diritto a nulla, non potranno avere più la residenza e quindi non potranno avere più il rinnovo del permesso. E se non li rimpatria il governo, chi li rimpatria? Il che significa che abbiamo creato dei fantasmi che resteranno sul territorio».
Un numero di fantasmi che in città è destinato a crescere e può rivelarsi utile solo alla criminalità o ben che vada al lavoro nero.