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Sono arrivati intorno alle 10.30 gli uomini della Digos al Comando della Polizia municipale di Catanzaro, a distanza di più di un anno da quando fecero la loro prima irruzione. In borghese questa volta senza furgone al seguito, hanno bussato alla porta della struttura con un decreto di acquisizione atti vergato dal sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Gerardo Dominijanni. Un decreto in cui la Procura chiede il sequestro di tutte multe dal 2013 ad oggi e l’accesso al sistema informatico del Corpo della Polizia municipale. Un nuova acquisizione atti che può spiegarsi solo se correlata al rifiuto del gip di accogliere la richiesta di interdizione dai pubblici uffici per dodici vigili, in primis del comandante del Corpo Giuseppe Antonio Salerno e del tenente colonello Salvatore Tarantino, su cui gravano le ipotesi di accusa più gravi nell’ambito dell’inchiesta su Palazzo degli ignobili che vede sotto accusa 40 indagati, tra amministratori comunali, carabinieri e vigili. Per completezza di informazione le interdittive sono state negate non solo a carico di Salerno e Tarantino, ma anche di Domenico Amico, Luciano Calabrese, Giuseppe Canino, Rocco Cristallo, Maria Teresa De Masi, Ivan Larocca, Umberto Raimondo, Luigi Sacco, Luigi Talarico, Luigi Veraldi. Associazione a delinquere, truffa, abuso di ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici sono le ipotesi contestate a vario titolo ai dodici indagati. Accuse che il gip ritiene fondate nello scrivere nel provvedimento “ sussistono gravi indizi di colpevolezza, come emerge chiaramente dalle risultanze investigative della Digos. (…). L’attività tecnica disposta e le risultanze documentali hanno consentito di disvelare l’esistenza di un sistema finalizzato a procedere all’annullamento di verbali di contravvenzione stradale elevati dal Corpo della Polizia municipale di Catanzaro. Le argomentazioni dedotte in sede di interrogatorio dagli indagati non hanno scalfito il grave quadro indiziario risultante a loro carico”. Ma c’è un tuttavia, un malgrado tutto che spinge il gip in modo “prudente” , generico, senza distinguere i diversi capi di accusa che gravano su ciascun indagato, a bocciare le misure interdittive per mancanza di esigenze cautelari, dandone motivazione in appena 10 righe, decorso più di un mese dagli interrogatori degli indagati. “La personalità degli indagati – scrive il gip- i quali risultano incensurati, il tempo decorso dalla commissione dei fatti rispetto alla richiesta del pm datata 2013, il deterrente psicologico costituito dal coinvolgimento nella vicenda processuale che li ha interessati, importano a ritenere, l’assoluta insussistenza di fatti idonei a configurare un concreto e attuale pericolo di recidiva , atteso che non vi è alcuna ragione allo stato per pronosticare che i giudicabili, in mancanza di cautela, non si asterranno in futuro dal porre in essere altre condotte delittuose. A ciò si aggiunga che non emerge dagli atti alcuna circostanza per poter affermare neppure la sussistenza di un concreto pericolo che gli indagati possano inquinare le fonti prova”. Ed è proprio questa data, il 2013, che potrebbe aver spinto ( il tempo dubitativo è d’obbligo) il titolare delle indagini a chiedere l’acquisizione di ulteriori verbali delegando la Digos, a caccia di riscontri per verificare se gli indagati nell’arco di questi due anni hanno continuato o meno a reiterare il reato.
Il servizio video nel tg delle 13.45 su LaC canale 19
Gabriella Passariello