Saranno tutti processati i medici imputati nell'inchiesta "Mala Sanitas". Lo ha deciso il gup di Reggio Calabria, Niccolò Marino, che ha rinviato a giudizio gli operatori dei reparti di Ginecologia e Ostetricia degli ospedali "Riuniti" di Reggio Calabria. Si tratta di: Luigi Grasso (Reggio, 64 anni); Maria Concetta Maio (Reggio, 64 anni); Daniela Manuzio (nata a Taurianova e residente a Reggio, 50 anni); Antonella Musella (nata a Salerno e residente a Reggio, 58 anni); Annibale Maria Musitano (Reggio, 69 anni); Roberto Rosario Pennisi (Reggio, 63 anni); Filippo Luigi Saccà (Reggio, 62 anni); Massimo Sorace (nato a Polistena e residente a Gioia Tauro, 44 anni); Giuseppina Strati (nata a Samo e residente a Reggio, 57 anni); Alessandro Tripodi (Reggio, 47 anni); Pasquale Vadalà (nato a Bova Marina e residente a Decollatura Catanzaro, 68 anni); Mario Gallucci (Reggio, 64 anni); Marcello Tripodi (Reggio, 54 anni).

 

“Malasanitas”, inchiesta chiusa. Quattordici indagati fra medici e ostetriche

 

Nei confronti di Tripodi, Vadalà e Manuzio, viene confermata l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla copertura di errori sanitari, anche molto gravi. Nei riguardi degli altri imputati, invece, le accuse sono perlopiù di colpa medica.

 

Come si ricorderà, l'inchiesta – coordinata dai pubblici ministeri Roberto Di Palma e Annamaria Frustaci – ha scoperchiato episodi di gravità inaudita, consumatisi all'interno delle mura del principale nosocomio della provincia di Reggio Calabria. Un vero e proprio "reparto degli orrori", fu definito dal gip nell'ordinanza di custodia cautelare emessa qualche mese addietro nei confronti di medici e ostetriche. L'indagine partì da una più complessa relativa alla cosca De Stefano (Tripodi è nipote di Giorgio De Stefano), ma per anni quelle intercettazioni rimasero chiuse nel cassetto, nonostante vi fossero descritti episodi agghiaccianti, con ammissioni di falsità ideologica e materiale, soppressione, distruzione e occultamento di atti, così come contestato nei capi d'imputazione. E ci fu anche l'interruzione di gravidanza di una donna, la sorella del dottor Tripodi, praticata – secondo l'accusa – senza il benestare della donna, poiché il medico sospettava che il figlio della stessa potesse avere dei patologie cromosomiche.

Tutto questo e molto altro sarà oggetto di un processo che prenderà il via il prossimo 29 novembre, davanti al tribunale collegiale di Reggio Calabria.

 

c.m.